Città del Vaticano A tre anni dalla massacro di Garissa, avvenuto il 2 aprile 2015 in Kenia e costato la vita a 148 studenti cristiani uccisi il giorno del...
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Alle ore 5 del mattino un gruppo di guerriglieri fece irruzione nel campus di Garissa, utilizzando delle bombe e uccidendo le due persone della sorveglianza all'ingresso dell'ateneo. Nel dormitorio dell'università iniziarono a uccidere gli studenti cristiani, chiedendo loro prima a che religione appartenessero. Chi non sapeva recitare a memoria i versetti del Corano veniva freddato con un colpo alla testa. Molti ragazzi nel frattempo avevano trovato dei nascondigli di fortuna, dentro gli armadi, chiusi negli sgabuzzini, nascosti dietro mobili, ma sono stati braccati con spietatezza. I cristiani venivano uccisi immediatamente. Si trattò di una strage, condotta in maniera sistematica e mirata a colpire esclusivamente coloro che appartenevano alla religione cristiana.
La strage di Garissa è solo una delle più recenti uccisioni di cristiani in vari angoli del pianeta. Medio Oriente, Africa, Asia. Dal Rapporto annuale di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) appaiono i numeri e i particolari delle situazioni più critiche.
Lo studio di Acs prende in esame tredici Paesi (Cina, India, Iraq, Pakistan, Siria, Sudan, Turchia, Egitto, Eritrea, Iran, Nigeria, Arabia Saudita e Corea del Nord) mettendo in risalto come i cristiani siano i più perseguitati di qualsiasi altro gruppo religioso.
In Siria, per esempio, i cristiani sono passati da 1,2 milioni a 500mila in cinque anni, nella sola città di Aleppo il numero è sceso di oltre il 75%, da 150mila a 35mila. In Iraq c'è stata una diminuzione da 275mila (metà 2015) a meno di 200mila di due anni dopo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero