Il Maestro Peréz: «Al Costanzi un “Angelo di fuoco” sensuale e felliniano»

Il Maestro argentino Alejo Pérez
«Sin dalle prime note, Prokofiev instilla dubbi, inquietudine. Le dissonanze parlano, la musica in costante movimento, ti costringe a non accettare le apparenze....

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«Sin dalle prime note, Prokofiev instilla dubbi, inquietudine. Le dissonanze parlano, la musica in costante movimento, ti costringe a non accettare le apparenze. L’angelo non è solo puro, i protagonisti si dibattono in un’alternanza tra bene e male. Alla giovane Renata, una ragazza che comincia ad avere percezione del suo corpo e della sua femminilità, regala infatti una coloritura orchestrale sensualissima, ma quasi animalesca».


Alejo Pérez, 45 anni, argentino, è il direttore d’orchestra cui è stato affidato, il ritorno a Roma, dopo 53 anni dell’Angelo di fuoco, l’opera “proibita” che Prokofiev non vide mai rappresentata. Ispirato al romanzo blasfemo di Brjusov, tra streghe, demoni e premonizioni, il capolavoro andò in scena a trent’anni dal suo completamento e a due anni dalla morte del compositore.

Ora, con la regia di Emma Dante, è in scena (repliche fino al primo giugno) al Costanzi: nelle viscere di una cripta dei Cappuccini, cantanti, mimi, ballerini di break dance accendono atmosfere fantasy e suoni visionari.

«La partitura è potente, piena di sfaccettature psicologiche, quando un personaggio parla, la musica interviene suggerendo un turbamento, uno stato d’animo», spiega il maestro che ha già lavorato insieme con la regista palermitana per l’allestimento della Cenerentola di Rossini che verrà a ripresa dall’8 giugno.

«La costruzione sinfonica», continua Pérez, «ti permette infinite interpretazioni. Di evidenziare gli elementi mistici, la magia, il desiderio fisico e anche quegli aspetti grotteschi, direi quasi felliniani, così amati dalla scuola russa».

Il musicista di Buenos Aires ha affrontato sul podio del Costanzi il
Naso di Shostakovich e la Lulu di Alban Berg, regia di Wiliam Kentridge: «Mi interessa molto il repertorio del Novecento», spiega, «ma non credo nelle specializzazioni. Anzi, penso che sia obbligatorio avere un repertorio ampio. Conoscere Monteverdi ti aiuta a suonare Berio».

Il suo percorso è iniziato con studi di composizione («un bagaglio direi necessario»), master in Germania e poi una carriera in tutto il mondo. Dalla prossima stagione sarà direttore musicale dell’Opera Vlaanderen ad Anversa.


«Lì il pubblico è molto aperto anche verso opere contemporanee. A dirigere il ballo Sidi Larbi Cherkaoui, uno dei coreografi più interessanti del momento». L’opera, aggiunge, non è un’arte museale «e non pretendo che un regista legga la musica. Chiedo, però, che la sappia ascoltare. La dimensione attoriale non può andare nella direzione opposta delle note. E il direttore deve essere il custode dell’intenzione del compositore». 
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Il Messaggero