"Il culo e lo stivale", Oliviero Beha radiografa l'Italia malata

"Il culo e lo stivale", Oliviero Beha radiografa l'Italia malata
Finire in un cul de sac. Vivere a colpi di culo. Essere culo e camicia. Dar via il culo. Leccare il culo. Possono sembrare espressioni forzate, urticanti, tendenzialmente...

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Finire in un cul de sac. Vivere a colpi di culo. Essere culo e camicia. Dar via il culo. Leccare il culo. Possono sembrare espressioni forzate, urticanti, tendenzialmente volgarotte ma, a pensarci bene, custodiscono un senso osceno e sincero al tempo stesso, e diventano i distici più espressivi della sottocultura morale e politica nella quale viviamo immersi in Italia oggi.








Finire in una strettoia senza scampo. Vivere di fortuna e nepotismi senza l’ombra di meritocrazia. Avere di fronte interlocutori che fanno pappa e ciccia solo con i loro interessi di loggia e di bottega. Svendersi, prostituirsi, rinunciare all’anima pur di galleggiare nel mondo dei “vincenti” e dei famosi”. Diventare scudiero di qualche “salvatore” opportunista. Ecco cosa significano queste immagini di raggiante sozzura che ben si attagliano allo stagno nel quale siamo finiti, come cittadini e come istituzioni. Beha (fra le prime star letterarie al Festival romano di Cinecittà2 “Libri in centro”), col suo solito stile lucido e sardonico, in “Il culo e lo stivale” non poteva che rivolgersi alla metafora, allegra e buia, del “culum” latino, che vuol dire “buco”, per segnalare il rischio di una caduta vertiginosa, di un pozzo senza fondo, di un naufragio con spettatore, che sembra essere la cifra dei comportamenti di un po’ tutti gli attori di una società ormai malata.



L'autore cerca risposte indietro nel tempo, dal secondo dopoguerra in poi. Il fine è quello di approntare un “manuale di deberlusconizzazione” che riguardi un po’ tutti, compresi i sedicenti avversari del Caimano e quella porzione ampia di italiani che gli ha votato contro “comportandosi come lui”. La falla colossale sembra oggi solo economica, ma la voragine è culturale e va oltre il presente, nel “paese dei leccaculo”. Particolarmente ricchi i passi del libro in cui Beha rivela la profonda filosoficità delle sue analisi. Soprattutto quando svela che il grande Terrore del potere oggi è questa estroflessione senza sacrificio, questo conformismo cloroformizzante, sicché si arriva a “un’epistemologia ‘traviata’ o ‘truccata’ dunque, un sapere sempre più stagno e autoreferenziale, la mancanza di un punto di vista forte nella circolarità ingannevole dei saperi plurali, spostati ormai quasi esclusivamente verso le comunicazioni di massa, principi cardine come quello di realtà e verità, al contrario offuscati e rimossi; il tutto per costruire l’alibi del ‘sistema complesso’, che giustifichi, in buona sostanza, l’impossibilità di conoscenza”.



Sembra echeggiare il Foucault dei seminari al Dartmouth College (pubblicati da Cronopio nella bella edizione “Sull’origine dell’ermeneutica del sé”), quando il filosofo francese definisce il “governo” come “(non) un modo di forzare le persone a fare ciò che vuole chi governa; è sempre un equilibrio versatile, fatto di complementarità e conflitti tra tecniche che assicurano la coercizione e i processi attraverso cui il sé è costruito e modificato da se stesso”. Una inestricabile contiguità di fondo, allora, fra servo e padrone, che cancella ogni dialettica, ogni antagonismo, rende noiosa la critica e troppo impegnativa la trasformazione, “un sogno su comando e un sogno in azione”, “un’illusione da sonnambulo”, per dirla alla Gabriel Tarde (“Che cos’è una società”, Cronopio). Su questo concetto di violenta vaghezza la lama appuntita di Beha ci infilza. Da questo “pallone aerostatico modello Truman Show”, come egli stesso ha detto alla Terrazza Illy di Cinecittà2, dobbiamo ripartire, ma con un grosso spillone in mano…



Oliviero Beha è noto al grande pubblico che lo segue da anni sulla carta stampata, in televisione e alla radio. Ha condotto il settimanale di attualità “Brontolo” su Rai3 ed è editorialista de “Il Fatto Quotidiano”. Tra i suoi libri più recenti, per Chiarelettere: “Italiopoli”, “I nuovi mostri”, “Dopo di lui il diluvio”. È anche autore del romanzo “Eros terminal” (Garzanti), di testi teatrali e volumi di poesie.



Oliviero Beha “Il culo e lo stivale” (Chiarelettere, pagg. 176, euro 12) Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero