Non sognano di essere liberati. Sembrano prigionieri, impigliati nel destino che si va rivelando, nell’incastro dei destini che s’incrociano. E vi precipitano...
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Il fratello maggiore Giovanni, sessantenne avvocato che ama la famiglia, circondato dall’affetto di figli e nipotini; la moglie Serena, che gli è accanto da sempre, affettuosa e complice, specie nel momento in cui un attacco cardiaco l’ha reso vulnerabile. E, poi, il fratello minore Andrea, giornalista nevrotico e depresso, legato a Ilaria, quarantenne fascinosa, con una gran carica sensuale. La storia procede attraverso istantanee di grande forza evocativa: le vacanze nella casa di famiglia, le visite ad amici, le ricorrenze, le cene, gli interni in camera o in cucina, le passeggiate nel quartiere di Prati o a Villa Borghese.
E’ lo scorrere della vita nella complessità dei rapporti, con la sua quotidiana fatica di stare insieme, la densità emotiva, tutto il detto e, soprattutto, il non detto. Dove può affiorare l’imprevisto che è il punto di non ritorno in cui scivolano sentimenti, pensieri, emozioni di ognuno, la sottile trama d’inespresso o appena alluso. Giovanni, attratto dalla cognata, è invischiato in una passione morbosa, ossessiva che irrompe seminando disordine e producendo uno strappo doloroso, all’apparenza non colmabile. Montefoschi racconta a suo modo la storia di un amore proibito, il fatale evolversi e precipitare nella passione e della colpa. Nel modo che ormai riconosciamo alla sua solida figura di narratore, al suo format narrativo rigenerato ogni volta con una fedeltà cocciuta e intransigente, mettendo in sordina il troppo lirico e il troppo drammatico che sembrano urgere sotto la pagina e con un tratto di grande attenzione e leggerezza, sentimentalmente fitto, ma per nulla sentimentale.
L’analisi psicologica dei caratteri – il solido e fragilissimo Giovanni, la devota Serena, il tormentato Andrea, l’irrequieta Ilaria - non è un semplice arricchimento della trama, ma la sostanza stessa della scrittura. Leggera, affettuosa, miscelata con elementi di parlato in prevalenza colto, e con una precisione illusionistica per cui la fisicità dei personaggi sembra muoversi in accordo con la fisicità dei luoghi. La consueta attitudine di Montefoschi a nominare e catalogare luoghi, gesti, parole lo incatena al dettaglio minimo e molecolare per cui si potrebbe ricavare una topografia e una toponomastica di luoghi e spazi romani, in interno o esterno. Ma a questa esagerata, quasi iperrealista esattezza si accompagna un’aura poetica che invade i luoghi reali conferendo loro una qualità affettiva, una densità psicologica assai riconoscibile. In questa cornice così fluttuante e intermittente, affiora e scorre il sentimento del tempo, grande artefice di una trasformazione radicale e dolorosa che incalza e ossessiona Giovanni quando prova a non pensare a chi, “bella e intimidita”, già ama in modo segreto e interdetto. E cerca di “cancellare tutto, ogni pensiero”, ma inutilmente.
Giorgio Montefoschi Il corpo, Mondadori 220 pagine 19 euro Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero