Franco Scaglia, i dubbi di padre Matteo: l’ultima inchiesta del francescano-detective in Terra Santa

Franco Scaglia, i dubbi di padre Matteo: l’ultima inchiesta del francescano-detective in Terra Santa
Stanco, dubbioso, disilluso, eccolo ancora in azione, padre Matteo di Franco Scaglia. Per la quarta volta, tra spie pronte a tutto, enigmi affioranti da un tempo lontano e...

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Stanco, dubbioso, disilluso, eccolo ancora in azione, padre Matteo di Franco Scaglia. Per la quarta volta, tra spie pronte a tutto, enigmi affioranti da un tempo lontano e imprendibile, “verità” shoccanti, torna a muoversi l'archeologo biblista, promosso Custode di Terra Santa (ora dimissionario), “controfigura”di Padre Piccirillo, scomparso qualche anno fa. Il francescano - detective vorrebbe occuparsi della sua missione e vocazione affrontando al tempo stesso problemi legati alla difficile convivenza tra le tre religioni e a questioni di tipo scientifico grazie ai suoi studi appassionati. Ma si ritrova quasi controvoglia a risolvere casi complessi tra le sabbie mobili della violenza d’ogni natura, sulla scena di Gerusalemme, fondale di per stesso evocativo, forse la città più ferita d’ogni altra.




Con questo quarto tempo narrativo (“L’erede del tempo" Piemme, 244 pagine, 16,50 euro) si mostra più compiutamente l’ordito che rende un romanzo contiguo all’altro, in un mosaico che, costruendoli, compone le linee della trama, il suo disegno più persistente. E di mosaici s’intende molto il protagonista delle quattro storie che (ha scritto Lucetta Scaraffia), per la loro forma di thriller politico-religiosi si possono considerare simili al filone esoterico - religioso alla Dan Brown. Con una differenza fondamentale, che distingue anche la ben riconoscibile sigla autoriale di Scaglia. Dietro trame e colpi di scena, il punto di vista dell’autore è certamente e apertamente cattolico. Il protagonista non è solo un abile investigatore — nel presente e nel passato — ma uomo radicato nella fede. Sia pure con i dubbi, le lacerazioni, le acquisizioni anche “eretiche” dell’“Erede del Tempo”, con padre Matteo sulle tracce (che portano alla suo omicidio) di un ebreo specializzato nel recuperare gli spartiti di compositori scomparsi nei Lager. Preziosi e perduti manoscritti che possono nascondere (per quella forza misteriosa della Storia che mescola, soprappone, illumina e rende sfuggenti) altre verità. Quelle di testi ritenuti finora apocrifi, con prove certe sull’esistenza di Cristo. Anche questa volta la pista su cui corre Matteo, sulla scena di Gerusalemme, Roma, Istanbul, è infida, popolata di sorprese, figure ambigue, killer o presunti tali, in un labirinto di abbagli che portano fuori strada. Un procedimento a scatole cinesi e così prevale il racconto incastrato dentro il racconto, il personaggio chiamato a far luce su una vicenda passata. E l’intrigo di storie, alcune in presa diretta, altre rievocate nel giochi degli specchi, da fiato e ritmo alla narrazione di Franco Scaglia che ha scritto il suo romanzo più pensoso e felice. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero