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di ilaria Ravarino
Il drago è mio e me lo gestisco io. Il trono è femmina, anche quello di spade, e chi non è in sintonia con l’onda lunga dell’inclusione si metta l’anima in pace o cambi piattaforma. A dettare le regole del gioco ci pensa il primo episodio di The House of the Dragon, serie prequel de Il Trono di Spade, su Sky e NOW - in contemporanea con gli Stati Uniti - dal 22 agosto: ambizione femminile in primo piano, condanna del patriarcato, il tema della sorellanza che unisce le “amiche geniali” Rhaenyra e Alicent e scelte di casting - una fra tutte: il nero Steve Toussaint nei panni del bianco Lord Corlys - nel segno dell’inclusività.
Un aggiornamento di sistema che riallinea la serie, accusata in passato di misoginia e monoetnicità, agli standard di correttezza contemporanea, ma che non mina, almeno nel primo episodio, la credibilità del racconto (discorso a parte sulla parrucca bionda di Toussaint: si poteva evitare). A tre anni dalla fine della saga fantasy ispirata ai libri di George R. R. Martin, lo showrunner e regista Miguel Sapochnik fa un salto indietro nel tempo di 170 anni, concentrando l’attenzione su una sola delle famiglie che per secoli si sono contese il potere nel continente immaginario di Westeros: la nobile stirpe dei Targaryen, i domatori di draghi, raccontati qui nel pieno dello splendore della loro opulenta civiltà.
La serie in onda su Sky
La prospettiva, rispetto alla saga originale, si precisa e si restringe: dalla grandiosa epica della lotta fra casate, cifra de Il Trono di Spade, lo sguardo in House of the Dragon si fissa sull’isterica faida fra parenti serpenti in lotta per ereditare il trono del re Viserys, rimasto senza eredi (maschi) diretti.
Alta la qualità della regia, con l’ottimo Sapochnik (già firma di alcuni degli episodi più acclamati della serie originale) che si diverte, in assenza di battaglie, a girare un’adrenalinica sequenza di giostra medievale, e sempre buona la scrittura, con dialoghi serrati e poche, pochissime, battute di servizio. Introdotto infine quasi integralmente dal primo episodio, il nuovo cast della serie risulta convincente e ben assortito, con la giovane Milly Alcock (Rhaenyra da bambina) impeccabile e riottosa predestinata e un immenso Matt Smith, che troneggia nei panni di Daemon, il più inquieto e fragilmente instabile dei Targaryen. Inizio promettente, partenza col piede giusto, una regola di base che vale per ogni gender: mai sedersi sul trono altrui, se non si è in cerca di grane.
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