Gyllenhaal in "Stronger": film di resistenza sulla bomba alla maratona di Boston

Jeff Bauman Jake Gyllenhaal
Orgoglio americano, terrorismo, amore e voglia di non mollare mai. Questa la formula sempreverde di Stronger di David Gordon Green passato oggi alla Festa di Roma e in sala con la...

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Orgoglio americano, terrorismo, amore e voglia di non mollare mai. Questa la formula sempreverde di Stronger di David Gordon Green passato oggi alla Festa di Roma e in sala con la 01 nei primi mesi del 2018, che racconta la

storia vera di Jeff Bauman (Jake Gyllenhaal), uomo comune che lavora in un fast food e che diventa, da un momento all'altro, un eroe non solo nella sua città, ma nel mondo intero in seguito al noto attentato della maratona di Boston dove perde entrambe le gambe.

Motivo di tanto eroismo non solo il fatto che Jeff riuscirà ad identificare uno dei due attentatori, ma che alla maratona si trovava per riconquistare l'amore di Erin (Tatiana Maslany). È lì al traguardo ad aspettarla quando le bombe esplodono.

«Penso che ora in questo mondo così complicato pieno di guerre, più o meno conosciute, raccontare storie che parlano  di resistenza, di resilienza, sia più che mai importante - dice Gyllenhaal  a Roma in conferenza stampa con Bauman - A Jeff tutta la vita che conosceva gli è stata portata via in un attimo. Tutti in questi casi vogliono aiutare, ma la cosa importante è ascoltare, comprendere».

«Quando mi è arrivato il copione di Strong - dice ancora l'attore che sarà nel prossimo film di Luca Guadagnino -
mi sono ritrovato a ridere. Avevo molto da imparare da questa storia di resistenza e lotta. Quando poi ho incontrato Bauman ero davvero preoccupato. Mi dicevo, non ho la forza per interpretarlo, lui è un grande. Poi, dopo avergli stretto la mano, ho scoperto che è un essere umano simpatico e gentile e ho detto a me stesso: gliela posso fare. Jeff potrebbe essere un leader giusto per il mondo di oggi».

«Non mi piace il termine eroe - dice invece Jeff Bauman -, quelli veri sono quelli che mi hanno aiutato e appoggiato. Sì, è vero - aggiunge - sono andato alla maratona per amore di quella che ora è mia moglie. E, nonostante quello che è successo, non sarei voluto stare da nessuna altra parte».
E ancora Bauman: «Quello che mi piace più del film è il fatto che mostra cose di cui non ho mai parlato, cose cupe che Gyllenhaal mi ha letto negli occhi. Inizialmente, dopo l'attentato, volevo solo nascondermi, sparire in un buco e

uscire dal mondo. Odiavo il fisioterapista, non volevo guarire. Ora finalmente sono un padre, non bevo e ho cura di me». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero