Il Goldoni della commedia dell’arte prima del nuovo teatro riformato, meno conosciuto e poco documentato, riemerge da un manoscritto inedito della commedia Il cavaliere e la...
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«Se infatti nelle edizioni a stampa - spiega Drusi, docente di Letteratura italiana nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’ateneo lagunare - l’autore si premura di dichiarare che, rispetto all’originale portato in scena nel 1749, ha proceduto alla sostituzione delle maschere dialettali con altrettanti personaggi che parlano in lingua, la redazione di Dresda vede invece agire Pantalone, Arlecchino, Brighella, ciascuno nell’idioma che gli è più tipico». Già per queste varianti, «il manoscritto appare come un tassello molto importante per ricostruire quelle fasi più remote della scrittura goldoniana - sottolinea - che l’autore stesso efficacemente occultò in nome della sua ‘riformà teatrale». La riforma del genere teatrale della commedia da parte di Carlo Goldoni consistette principalmente, nella stesura per intero dei dialoghi (contro la consuetudine del «Teatro dell’Arte» di fornire agli attori canovacci su cui improvvisare le battute) e nella abolizione delle maschere. A queste convinzioni il commediografo approdò tuttavia progressivamente, e dopo aver almeno in parte condiviso le precedenti esperienze di scrittura per le compagnie professioniste. Ma perché Dresda? Fino alla caduta del muro di Berlino, questa era stata una Biblioteca di difficile accesso, ma da quando la Germania è stata unificata, molti cataloghi sono stati resi pubblici e agli studiosi si è aperto un mondo di possibili ricerche. Le compagnie dell’epoca partivano in tour nelle capitali europee, tra cui Dresda era luogo privilegiato, e si portavano dietro il manoscritto. Il manoscritto ritrovato, che è inedito, non è firmato ed è datato 1752, vede ancora l’intervento di Pantalone, Arlecchino, Brighella, parlanti ciascuno nell’idioma che gli è più tipico, mentre le edizioni seguenti offrono personaggi alternativi e dalla lingua più scialbamente letteraria. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero