Giovanni Vernia: «Porto in scena tutta la mia follia»

C'è Vernia, un tipo normale. «Quello che ha fatto studi normali e la mattina si alzava per andare al lavoro in giacca e cravatta». E poi c'è...

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C'è Vernia, un tipo normale. «Quello che ha fatto studi normali e la mattina si alzava per andare al lavoro in giacca e cravatta». E poi c'è non-Vernia, un matto. «Quello che da bambino imitava i parenti e da grande imitava i capi. I miei colleghi ridevano, i capi no e mi dicevano: quella è la porta, vai a fare le imitazioni da qualche altra parte. Le mie tante anime da matto mi hanno portato a fare l'intrattenitore». Il normale e il matto saranno insieme sul palco, il 2 dicembre all'Olimpico, nello spettacolo Vernia o non Vernia, un one man show (scritto con Paolo Uzzi, regia di Giampiero Solari e Paola Galassi) in cui il comico e intrattenitore radiofonico genovese mette in scena i suoi talenti: balla, canta, imita, recita. «E non solo. I tanti non Vernia è difficile tenerli a bada. Faccio anche il dj, e costruisco la musica delle canzoni con la bocca: produco i suoni, dalla batteria al basso. Vernia è matto, questa è la verità. Lo vedrete al teatro Olimpico».

Da Jonny Groove, il discotecaro rivelazione di Zelig, a Gianluca Vacchi, Fabrizio Corona, Jovanotti, Mengoni. Ci sarà qualcuno dei tanti personaggi imitati nello spettacolo?
«Questo spettacolo per me è una nuova partenza. I personaggi non ci sono, nel senso che non mi travesto, ma vengono fuori nel corso del racconto. Questo spettacolo è pazzesco, essere qui è pazzesco: ecco, ora sono Jovanotti. Ti stimo fratello, ora sono Jonny Groove, quello che mi rappresenta di più. Amavo andare a ballare e facevo le sei del mattino, mio padre ex maresciallo della Guardia di finanza si disperava. E poi presento la mia visione comica della serie tv Gomorra. Faccio quattro personaggi insieme: Genny Savastano, Ciro Di Marzio, Salvatore Conte e don Pietro Savastano».
In questo spettacolo c'è la sua storia. Da ingegnere elettronico, laurea con il massimo dei voti, ad attore comico.
«Il regista, quando ha conosciuto la mia storia, ha detto: sei dottor Jekyll e mister Hyde. E ha avuto lui l'intuizione del titolo: Vernia o non Vernia. Appunto, l'ingegnere e il comico. Lo scopo comunque è sempre quello di far ridere, ma è molto difficile far ridere a Roma».
Perché?
«Intanto, non si trova mai parcheggio. Io vivo a Monteverde Nuovo. Mia moglie dice che lì c'è tutto sotto casa: la farmacia, il supermercato, il bar. Tutto è sotto casa. Tranne il parcheggio. Ma per chi viene a vedere lo spettacolo all'Olimpico c'è, lo garantisco».
La tv, il teatro e anche l'impegno sul web.
«Per un comico in questo momento il web è la vetrina principe. Gli show in tv sono in crisi e lo spazio è poco. Il web dà la possibilità di mostrare quello che si fa. Un giorno capirai è la rubrica che ho ideato per spiegare a mio figlio, che adesso ha 4 anni, gli argomenti di attualità: razzismo, bullismo e criminalità In tutto c'è un aspetto divertente. Il comico non deve fare la morale. La morale è la risata».


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Il Messaggero