A Torino una mostra per ricordare Mario Lattes e una ricerca degli studenti sulle leggi razziali

A Torino una mostra per ricordare Mario Lattes e una ricerca degli studenti sulle leggi razziali
Doppio appuntamento alla Fondazione Bottari Lattes a Torino in occasione del Giorno della Memoria. Giovedì 24 gennaio allo Spazio Don Chisciotte si inaugura la mostra...

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Doppio appuntamento alla Fondazione Bottari Lattes a Torino in occasione del Giorno della Memoria. Giovedì 24 gennaio allo Spazio Don Chisciotte si inaugura la mostra «Mario Lattes. Non dimenticare» che propone diverse opere inedite dell'artista sul tema della Shoah e della cultura ebraica, appartenenti alla Fondazione Bottari Lattes e agli eredi (aperta fino a sabato 23 febbraio). Altro evento la presentazione al pubblico della ricerca «Non dimenticare» degli studenti del Liceo Gioberti sulle conseguenze che le leggi razziali del 1938 ebbero su alunni e professori della scuola, con un approfondimento sulla storia personale di Mario Lattes. La ricerca è riuscita anche a individuare le ripercussioni delle leggi su alcuni studenti che avevano frequentato il Gioberti anni prima, come Enrico Anau, studente nel 1901-02 a cui nel 1938 viene impedito l'esercizio della professione di medico, o Ugo Segre, studente nel 1909-10, morto con il figlio Tullio ad Auschwitz.


La mostra propone i più significativi lavori di Mario Lattes (editore, pittore, incisore e scrittore, ma anche ideatore di iniziative culturali, scomparso nel 2001) dedicati alla cultura ebraica e alla tragedia della Shoah, con immagini potenti e drammatiche. La Fondazione Bottari Lattes è nata nel 2009 proprio per ricordare l'artista e promuovere cultura e arte sulla scia della sua multiforme attività. Una quindicina i quadri esposti, tra cui Il giro dei Sefarim, Kaddish, Deportati, Fanciullo, Figura ebraica, Interno di sinagoga. Artista raffinato, capace di dare vita a immagini oniriche, Mario Lattes ha sperimentato tecniche e linguaggi eterogenei, la sua opera pittorica dopo un iniziale periodo informale, è sempre stata figurativa, con valenze visionarie e fantastiche, tale da evocare illustri discendenze, da Gustave Moreau a James Ensor.


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Il Messaggero