Boncompagni, il ricordo di Renzo Arbore: «Un'amicizia provvidenziale»

Boncompagni, il ricordo di Renzo Arbore: «Un'amicizia provvidenziale»
«Io e Gianni eravamo una vera coppia, ci compensavamo, come succede per le coppie vere. È stata una magia». Trattiene a stento le lacrime Renzo Arbore,...

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«Io e Gianni eravamo una vera coppia, ci compensavamo, come succede per le coppie vere. È stata una magia». Trattiene a stento le lacrime Renzo Arbore, raggiunto al telefono dall'ANSA mentre è a casa Boncompagni, per portare il suo abbraccio a Claudia, Paola e Barbara, figlie dell'amico scomparso. «Una magia nata tra i banchi di scuola - racconta Arbore - al corso per maestri programmatori di musica leggera. Ci vantavamo di essere gli ultimi entrati alla Rai per concorso, nel 1964. La nostra è stata una vita di amicizia artistica e umana straordinaria: le figlie erano bambine, le tenevo in braccio, oggi sono qui accanto a me, hanno aiutato il papà fino alla fine».


Una volta Arbore ha definito Boncompagni uno dei 'maledetti toscanì che ha conosciuto, «dopo Curzio Malaparte, Indro Montanelli, Giotto e Michelangelo»: «Eh sì - sospira oggi - con quel maledetto toscano ho rinnovato la radio: negli anni '60 sembrava la sorella vecchia della tv, destinata a essere completamente soppiantata dalla radio come strumento residuale, anziano. E invece con Bandiera gialla c'è stata la rivoluzione: la radio è diventata la beniamina dei giovani e ancora oggi è uno strumento che li appassiona. Con Gianni abbiamo inventato i teenager e la cultura Beat. Tutto questo con la caparbietà, lo sguardo verso il futuro, la voglia di non fare mai cose già viste e già sentite che lui aveva».

 

Poi venne Alto gradimento: «Insieme abbiamo voluto rinnovare anche il varietà radiofonico. Gianni - continua Arbore, e gli scappa un sorriso - mi convinse che dovevamo improvvisare. Mi diceva: 'Tu sei americano, e sai che gli americani improvvisano. Non era verò, ma lo facemmo lo stesso. Abbiamo creato la radio improvvisata: quello che abbiamo fatto io, Gianni, Franco Bracardi e Mario Marenco credo sia secondo soltanto ai Quattro moschettieri», storico programma dell'Eiar anni '30. «Gianni aveva un'intelligenza vivissima, uno straordinario modo di sorridere, una grande attenzione a tutto ciò che leggeva e imparava», conclude Arbore, parlando di «amicizia provvidenziale» con Boncompagni.


«Aveva una visione moderna della vita, un senso d'umorismo all'avanguardia. Una visione che lo ha portato a rivoluzionare la radio e la tv. Spero di essergli stato utile con il mio atteggiamento più riflessivo e romantico, ma altrettanto teso a cambiare la radio e la tv».
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Il Messaggero