De Cataldo presenta il suo primo libretto d'opera dal 3 dicembre al teatro Nazionale: «Io, melomane e magistrato incontro la fiaba»

Giancarlo De Cataldo durante le prove di Acquaprofonda dal 3 dicembre al Teatro Nazionale di Roma
«Passioni, amori non corrisposti, crudeltà, tradimenti. Verdi, Puccini o Wagner affrontano grandi temi, che spesso sono gli stessi che si nascondono dietro un...

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«Passioni, amori non corrisposti, crudeltà, tradimenti. Verdi, Puccini o Wagner affrontano grandi temi, che spesso sono gli stessi che si nascondono dietro un delitto. Del resto, in tutti capolavori lirici si consumano sacrifici umani. Proprio come succede nei gialli. E quindi per me, scrittore di noir e amante dell’opera, l’incontro è stato fatale».

Giancarlo De Cataldo, giudice di corte d’assise e scrittore di best seller assoluti, porta sul palco del teatro Manzoni di Roma, il conte Manrico Spinori della Rocca, protagonista di una sua recente trilogia di romanzi (Io sono il castigo, Un cuore sleale e Il suo freddo pianto, pubblicati nei mesi scorsi da Einaudi Stile Libero). Un magistrato melomane, convinto (sembra l’autore allo specchio) che non esista delitto che non sia stato già raccontato dal grande melodramma del passato. E oggi, domenica 28 novembre, alle 20,30, come serata inaugurale della rassegna “Scrittori in scena”, nello spazio che fu di Carlo Alighiero, mostrerà le prove della sua “indagine”: trailer di allestimenti andati in scena al Costanzi, Tosca (la versione storica del ‘900), Rigoletto (cult al Circo Massimo), Tristano, ma anche Bassaridi, con la regia di Martone, e la Lulu di William Kentridge. «Tutti citati nei libri. Manrico abita a Roma ed è proprio a piazza Beniamino Gigli che ha trovato ispirazione per la soluzione di vari crimini».

Tre episodi e basta?

«No, certo che no. In arrivo il seguito. Con un’evoluzione sentimentale del protagonista. Vorrei sviluppare il lato intimo di Manrico. Liberarlo dal passato di una storia d’amore che lo ha segnato e che gli impedisce di legarsi a una nuova donna».

Perché?

«Nella vita non è mai così. L’amore è leggero».

Una trilogia che sembra scritta per la tv? Il cinema?

«Quando si scrive si scrive. Non è nata come un soggetto televisivo o cinematografico. Ma certo, si presta molto. Le ambientazioni, via Giulia, i palchi. La vecchia mamma ludopatica. L’interesse c’è. Ma non dipende da me. E al momento non c’è nulla di certo».

Nella trilogia sono citati Rigoletto, Lulu e Ballo in maschera. Lei che è magistrato, scrittore e melomane, è partito dal titolo dell’opera o dalla trama di un delitto?

«Sono partito dall’opera e ho cercato una trama reale che potesse intrecciarsi con il libretto. Delle scintille intuitive per la rivelazione. L’opera lirica è finzione. Ma dietro ci sono sentimenti veri».

Dal 3 dicembre, la situazione si ribalta: andrà in scena al Teatro Nazionale, per la stagione del Costanzi, un’opera con un suo libretto, Acquaprofonda. Ma non ci saranno delitti...

«No. Ma c’è una balena su una spiaggia che sta morendo. E bisogna capire come salvarla. Dalla balena viene fuori una voce stupenda. Ma sulla spiaggia incombe un uomo cattivissimo, padron Bu. E c’è anche un coro di pesciolini. Un piccolo messaggio ecologico, con le musiche stupende di Sollima».

Una favola per un giallista?

«L’idea è nata all’improvviso, dall’immagine di una balena morente. Ho buttato giù il tema della canzone della balena. Poesia. Con toni ironici. La musica di Sollima è un incanto. E sono soddisfatto anche dalla regia di Luis Ernesto Doñas, un giovane di gran talento».

Fiabe, libretti, oltre a romanzi e tribunali...

«Quando mi hanno proposto di scrivere un libretto non ho dormito la notte. Un azzardo. Ma ho deciso di buttarmi. Ho avuto successo raccontando storie criminali, ma c’è in me un lato romantico e fiabesco che appena posso esploro. Quanto al tempo, il lavoro, credo che quando si amano le cose che si fanno il tempo si trova. E infatti sto già lavorando a un romanzo, un film, una serie...». 

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Il Messaggero