Molti artisti hanno bisogno di una maschera per creare. Altri elaborano un’identità fittizia - pseudonimo, costume di scena, personaggio costruito a uso dei media - anche per...
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Nessuno tranne Chris Sievey, alias Frank Sidebottom, lo stralunato personaggio alla base di questo film scritto da Jon Ronson, che insieme a Peter Straughan ha trasformato un’esperienza personale in un apologo buffo e dolente sugli intricati rapporti tra creatività e follia. C’è Ronson infatti dietro il giovane e ingenuo aspirante rocker che in apertura si vede arruolare quasi per caso in una band dal nome impronunciabile guidata da un tipo sempre nascosto dentro un’enorme testone da bambino. Il resto è un abile mix di ricordi e immaginazione che mescola a Sievey/Sidebottom tratti di altri cantautori come Daniel Johnston e Captain Beefheart, portando tutto da fine anni 80 a oggi.
Ne esce un film affascinante e inclassificabile che l’irlandese Lenny Abrahamson (qualcuno ricorderà il suo notevole Garage) ha affidato, con grande intuizione, a uno degli attori più amati e dotati di oggi, Michael Fassbender. Per restituire la forza della scelta di Sievey/Sidebottom, popstar invisibile, serviva infatti un gesto altrettanto dirompente. Cancellare il volto di Fassbender per fargli esprimere tutto il mistero e la follia di Frank solo con la voce, il corpo e le mani, era un eccellente punto di partenza. Il resto lo fa un cast assai ben assortito che serve a meraviglia questo film in cui non succede quasi niente - anche se si tratta di un “quasi” molto movimentato.
L’idea è che Frank e i suoi svitati compagni di avventura, un odioso bassista francese, una batterista aggressiva, una suonatrice di theremin molto più che aggressiva (Maggie Gyllenhaal, formidabile), si chiudano col pivello in una casetta di campagna per “creare” un album rivoluzionario. Gettando nel panico il povero Jon, che non capirà mai se è finito in mezzo a un gruppo di geni o di cialtroni.
Anche se la domanda è mal posta. L’arte nasce dal rischio e per rischiare i Soronprfbs, avete letto bene, rischiano parecchio. Fino a quando l’oracolare, l’impenetrabile, lo sperimentalissimo Frank, non si scopre a sorpresa il gusto dei motivetti orecchiabili... In sottofinale magari il film sbanda un poco finendo per scoprire qualche carta di troppo. Mai avvicinarsi troppo al cuore di un mistero. Ma chi ama il rock e non ne può più di biopic patinati e ovvi, entri nel mondo infantile e inquietante di Frank. Sfiorerà, almeno per un momento, cose mai viste. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero