Flavio Bucci: «Torno in scena con il mio amato Leopardi»

Forse la prima immagine che torna alla mente quando si pensa a Flavio Bucci è quella scena, terribile eppure così divertente, in cui don Bastiano nel Marchese del...

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Forse la prima immagine che torna alla mente quando si pensa a Flavio Bucci è quella scena, terribile eppure così divertente, in cui don Bastiano nel Marchese del Grillo sale sulla forca e tiene la sua ultima, appassionata predica (o sarebbe meglio dire arringa) prima di consegnarsi alla ghigliottina. «È un film che porto nel cuore - racconta l'attore a Messaggero Tv Monicelli voleva che parlassi in romano, ma come potevo fare io che ero nato a Torino da padre molisano e madre pugliese?».


Eppure Monicelli aveva visto, anzi sentito, lungo: perché la voce di Bucci sarebbe diventata tra le più riconoscibili del cinema italiano. Basti pensare ad esempio che è lui che ha doppiato John Travolta in Grease e ne La febbre del sabato sera, oltre che Gérard Depardieu ne L'ultima donna.

Leggere il curriculum di Bucci vuol dire ripassare la storia della settima arte del nostro Paese, oltre che quella della televisione. Una carriera che l'ha portato a lavorare con Elio Petri («Un maestro, Er capoccione, a cui devo tutto») e con Mario Monicelli, con Dario Argento e con Gabriele Salvatores, e un'infinità di altri nomi.
E poi, il teatro: quello non è mai mancato nella vita di Bucci. Tant'è che oggi, dopo alcuni anni di pausa, torna con un suo grande classico: Giacomo Leopardi. L'attore sarà infatti in scena da oggi al 5 novembre al Teatro Greco di Roma con lo spettacolo Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai..., dal primo verso del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: «È una domanda a cui è difficile rispondere sorride Io ricomincio sempre da Leopardi, ci tengo in maniera particolare. E poi, non potendo più muovermi con agilità in scena come una volta, preferisco recitare poesie. Ma lo spettacolo comprende anche musica e danza».


Pochi sanno poi che Giulio Andreotti voleva sempre che fosse Bucci a recitare le poesie che componeva: «Una volta andammo da Giovanni Paolo II, e io chiesi a un operatore di cinema di riprendere quell'incontro. Quello forse pensava di essere sul set di un film, perché a un certo punto gridò, riferendosi alla tunica del Papa: Santità! Ma il bianco spara!. Ecco, questa è l'essenza del cinema».

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Il Messaggero