Più di 500 persone, dai venti ai settant’anni, si sono date appuntamento ieri sera al “Lanificio 159” per l’evento “I Fil Good”, un...
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«Se me la cavo farò qualcosa di importante per la ricerca» aveva detto l’organizzatore dell’evento artistico e musicale Claudio Piazza quando, due anni fa, si è trovato a fare i conti con la malattia: da quella promessa è nata “I Fil Good”. «Ho sempre vissuto a mille. Soltanto quando mi sono ritrovato ad essere paziente ho capito fino in fondo il valore della ricerca - ha detto il manager Claudio Piazza - La scienza non ha fatto solo progressi legati alla sopravvivenza delle persone colpite da linfoma, ma è diventata speranza di benessere. Io conduco una vita normale grazie alla dedizione incredibile e alle intuizioni dell’equipe che mi aveva in cura». Alla serata charity “I Fil Good” erano presenti tantissimi giovani. A loro, attraverso il linguaggio semplice e universale della musica, è stato spiegato che sostenere la ricerca vuol dire fare qualcosa di concreto per il proprio benessere futuro. Non soltanto un concerto, ma un’occasione per dar voce a un messaggio di sensibilizzazione sul valore della solidarietà.
Negli ultimi anni la medicina ha fatto passi da gigante tanto che circa il 70% dei pazienti colpiti da linfoma ottiene, dopo un ciclo di cure, la remissione completa della malattia. «Possiamo e dobbiamo fare di più per quel 30-40% che invece ricade nella malattia e ha bisogno di una seconda cura. Di questi pazienti guarisce il 20% – ha detto il professor Maurizio Martelli, Past President FIL e ematologo presso il Policlinico Umberto I - Da anni la fondazione conduce progetti di ricerca scientifica per aumentare la guarigione dei pazienti con linfoma e migliorare la qualità della vita durante le terapie». La priorità per la Fil è rendere omogeneo il trattamento dei linfomi in Italia: garantire stesse cure, stessi farmaci e uguali possibilità di guarigione da Bolzano a Palermo. Sostenere la ricerca vuol dire anche fare qualcosa affinché non ci siano più pazienti di serie a e pazienti di serie b. Il diritto alle cure migliori è di tutti. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero