Un salto indietro nel tempo, nelle “Notti Magiche” dei mondiali di calcio italiani degli anni '90, utilizzati da Paolo Virzì quasi incidentalmente, per...
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La vicenda di questi tre giovani sceneggiatori, che cercano di trovare la loro strada in un mondo, quello del cinema, ancora appannaggio dei mostri sacri come Fellini, Leone, Scola, è diretta emanazione delle esperienze di chi quel momento l'ha vissuto. Lo stesso Virzì, ma anche gli sceneggiatori Francesca Archibugi e Francesco Piccolo: «Ci siamo presi la libertà irriverente di smitizzare e canzonarlo. Quando ci siamo avvicinati a divinità inarrivabili ne abbiamo scoperto l'umanità – ha proseguito Virzì - A me questa disperazione, volgarità, sensazione di essere in una specie di girone infernale piaceva tantissimo. Dino Risi si divertiva a smitizzare i miei miti, quando scrivevo da Sergio Leone mi persi nella villa, mi inseguirono i cani e mi morsero. Quella roba che mi piaceva da pazzi, scoprirne l'umanità e lato buffo ha nutrito emozione». Fare un film sul cinema, qual è “Notti magiche”, raccontando la scena di quasi 30 anni fa, è anche un modo per fare confronto con la situazione del cinema di oggi: «Quando arrivai a Roma, nel gennaio 1985 per fare il centro sperimentale, si diceva sta cosa qui che il cinema italiano era finito. È curioso sentire raccontare sta cosa 33 anni dopo come se fosse una novità. È un tema che chi fa il nostro mestiere conosce vita, morte e resurrezione del cinema italiano ha accompagnato la nostra vita. Nei nostri anni, cominciare il mestiere significava entrare nelle grazie dei maestri. In questo momento vedo intorno giovani autori interessanti, ogni anno 2 o 3 film nelle sale, cosa che all'epoca era impossibile. Nel 1985 non esisteva una modalità di vedere i film se non nelle sale o sulla tv pubblica il lunedì. Di questi tempi il cinema lo si guarda ovunque e questa cosa non è una riduzione, ma, a guardare con attenzione, è una moltiplicazione. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero