Festa del Cinema di Roma, premio alla Carriera a Isabelle Huppert: «Amo l'estetica dei registi italiani»

Isabelle Huppert
Il premio alla Carriera, il primo di questa edizione della Festa del Cinema, va a un'attrice che in una carriera lunga più di 40, con oltre 120 film alle spalle, ha...

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Il premio alla Carriera, il primo di questa edizione della Festa del Cinema, va a un'attrice che in una carriera lunga più di 40, con oltre 120 film alle spalle, ha saputo essere: «In equilibro tra verità, menzogna, narcisismo e sospensione di sé, tra il dubbio e la grazia, tra il virtuosismo e il dolore», come ha recitato Toni Servillo nella cerimonia di premiazione. Isabelle Huppert è qualcosa di più della musa di Michael Haneke o di Claude Chabrol è: «un lento avanzare in ciò che non conosciamo degli altri e di noi stessi» ha concluso Servillo.

 

Nel consueto incontro pomeridiano, insieme al direttore della Festa Antonio Monda e Richard Peña, Isabelle Huppert ha parlato con la consueta grazia dello scorrere della sua carriera e del suo approccio al personaggio: «È come se incontrassi sconosciuta per strada – ha detto – c'è una specie di empatia, il fatto di riconoscerle, la volontà di capirle. In tutti i personaggi che ho recitato c'è una parte di innocenza ed è quella parte per cui lo spettatore crea un rapporto col personaggio». Da Verhoeven a Cimino il rapporto tra Huppert e i registi è stato indagato a fondo, con Huppert che ha ricordato la figurra del regista americano, con cui ha lavorato in “I Cancelli del Cielo” («è stato l'unico a volermi in quel film») e l'olandese: «Non parlavamo molto, solo per salutarci. Con lui era la macchina da presa a parlare».


Tra le clip mostrate al pubblico uno spezzone tratto da La Ceremonie di Chabrol, con cui ha vinto la Coppa Volpi a Venezia, mentre è ad Haneke che deve uno dei ruoli che l'hanno consegnata nell'empireo della recitazione: La Pianista: «Con lui non riuscivamo a prenderci. Avevo prima rifiutato Funny Games, poi Il tempo dei Lupi e, infine La Pianista. A lui è sempre piaciuto il mio volto, gli piaceva riprendermi e questo aiutava moltissimo». La Huppert ha anche lavorato molto in Italia e con registi italiani: «Avete questo senso dell'estetica, ho un certo rapporto con forma di armonia e bellezza nella scenografia, nella luce, nei costumi che è direttamente collegato all'Italia». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero