L'Afghanistan a teatro tra amori e tradimenti

L'Afghanistan a teatro tra amori e tradimenti
La Capitale sempre più città di teste coronate. Dopo il passaggio fugace di Farah Diba, Roma si focalizza sulla principessa afghana Soraya Malek, famosa per essere...

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La Capitale sempre più città di teste coronate. Dopo il passaggio fugace di Farah Diba, Roma si focalizza sulla principessa afghana Soraya Malek, famosa per essere un’attenta attivista a favore dei diritti delle donne e nipote di Amanullah Khan, re dell’Afghanistan dal 1919 al 1929, e della regina Soraya Tarzi. Illustri parenti al centro della prima parte dello spettacolo “Afghanistan”, intitolata Il Grande Gioco. In scena al teatro di Largo di Torre Argentina, romanzato, il difficile momento in cui la coppia reale è costretta a fuggire dal Paese.

 

Salutano la principessa Soraya, da molti anni nella Città Eterna, tanti protagonisti del mondo dello spettacolo italiano come Giulio Scarpati e Monica Guerritore, da sempre coinvolti dal palcoscenico d’autore. Gli attori si fermano a parlare con la Malek mentre fanno il loro ingresso Maria Rosaria Omaggio, Anna Bonaiuto, Iaia Forte e Anna Melato. Poi posa per una foto assieme al direttore del Teatro di Roma, Antonio Calbi. Il presidente del teatro di Roma, Emanuele Bevilacqua, è invece immortalato con la Malek. Arriva il produttore Andrea Occhipinti. Tutti ansiosi di seguire la prima tranche della maratona su questo Paese dimenticato: cinque interessanti episodi ambientati fra il 1842 e il 1996. E fra questi c’è appunto il passaggio sulla famiglia della Malek: in scena il re Amanullah Khan, la regina Soraya Tarzi, Mahmud Tarzi (amico e consigliere di Amanullah), e il loro autista, in fuga verso un aeroporto dove li attende un aereo per portarli in Europa.

«E’ per me molto importante – dice la Malek – vedere rappresentata a teatro la storia della mia famiglia. E’ un omaggio davvero toccante”. E oggi è il turno della seconda parte: Enduring Freedom, che comprende i restanti cinque episodi, ambientati fra il 1996 e i giorni nostri.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero