«Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso, ho due dita che non...
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L'artista torinese, che due giorni fa ha compiuto 48 anni, dal 2011 soffre di una patologia degenerativa. Oggi si è raccontato, con accanto il suo cane Ragout, parlando di musica, arte e talento. «Il musicista non lo si diventa solo per talento, - ha detto - a un certo punto, soprattutto chi ce l'ha il talento, lo deve dimenticare e fare spazio al lavoro quotidiano, alla disciplina».
Bosso ha definito la musica «come un focolare attorno al quale sedersi, un linguaggio universale che permette a tutti di parlarsi e fare comunità a prescindere dal luogo di provenienza». Ha chiesto un applauso per l'articolo 9 della Costituzione italiana, «una figata pazzesca perché mette insieme musica, arte E paesaggio. Ma se di quelle cose non ci prendiamo cura, spariscono e ce ne accorgiamo quando le perdiamo».
«La musica - ha detto - ci ricorda anche questo: prendersi cura, avere rispetto, far star bene, non confondere la quotidianità con l'eternità, i nostri piccoli poteri con l'assoluto». Rispondendo alle domande del pubblico, ha detto che «la disabilità è negli occhi di chi guarda, perché il talento è talento e le persone sono persone, con le ruote o senza» e che «con la pazienza a tutte le età si può imparare, perché se uno dedica del tempo alle cose, vengono». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero