Domenica 11 agosto l'atteso debutto all'Arena di Verona per il maestro Ezio Bosso, che nell'ambito del Festival dirigerà i Carmina Burana di...
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doppio coro di voci bianche “A.d'A.MUS”, diretto da Marco Tonini, e “A.LI.VE”, diretto da Paolo Facincani.
Repertorio tra i più trascinanti ed evocativi del panorama classico, molto noto anche al grande pubblico, i Carmina Burana furono presentati la prima volta in Arena nel 2014 e 2015 e tornano oggi in stagione, con il Maestro, recentemente protagonista in tv della serata “Che storia è la musica”, che ricorda: «La mia carriera è cominciata a Roma, e quando ci torno, appena passo le mura, mi cambia l’accento».
Un amore ricambiato dalla sindaca Raggi che lo ha nominato cittadino onorario. «Una delle rare volte in cui il consiglio si è espresso all’unanimità. Hanno premiato non le idee politiche, ma il mio lavoro. Per i romani ho suonato a luglio del 2018 in Cavea: 3.600 spettatori. Mi piacerebbe che mi chiamassero anche per nuovi concerti».
La malattia (una patologia neurodegenerativa), gli moltiplica le difficoltà e anche la determinazione. «Senza la musica sarei malato». Per il suo esordio nell’Arena si sente «commosso e preoccupato. Felice di affrontare Orff. Utilizzò la goliardia per raccontare la vita delle persone e inventò un suono che non era stato ancora scoperto».
La carriera di Bosso comincia da solista. Come compositore scrive anche per la danza e per il cinema. Forte di un pubblico che lo adora, e forte anche nell’affrontare chi non lo adora, ora si dedica unicamente alla direzione d’orchestra. «Per lavorare e guadagnare ho sempre fatto di tutto. A mio padre dicevano: il figlio di un operaio, deve fare l’operaio. Ho suonato, insegnato, ma dirigere è la mia natura. E per dirigere bisogna conoscere la composizione. Parola di Toscanini. Ora invece sono tutti maestri già nella pancia della mamma. E giudicano».
Sempre in lotta. «No, semplicemente ribadisco l’idea che la musica è un patrimonio di tutti e l’approccio deve essere libero». Il pubblico è libero nel giudicarla, o i problemi fisici filtrano lo sguardo? «Io li dimentico. Anche se rischio di farmi male. C’è chi ha imparato a vedere l’uomo, chi no. E inventa, come è successo a Sanremo. Vorrei diventare trasparente».
Un altro sogno? «Trovare una casa alla mia orchestra che si chiama Europe, come la Dea, pacifista, laica, fatta da un popolo di amici che ama rischiare come me». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero