«L'ultima volta che lo vidi? Fu pochi mesi fa. Sa, mia nipote ha poco più di trent'anni e fa la cantante, proprio come me. Era da tempo che mi chiedeva di...
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Come andò quell'incontro di qualche mese fa?
«Fu emozionante. Ci ricevette nel salone della sua abitazione e fu ben felice di rivedermi e di ascoltare mia nipote. Stava bene. Le fece i complimenti per la voce e le disse che le ricordava la mia. 'Continua a studiare, ragazza', fu il consiglio che le diede».
Era da tempo che non vi incontravate?
«Dal 2013. Quell'anno mi coinvolse nella colonna sonora del film 'La migliore offerta' di Giuseppe Tornatore: fu l'ultima volta che cantai per il Maestro».
Come ha saputo della sua scomparsa?
«Dalla tv, ieri mattina. Non me l'aspettavo. In questi anni, pur non avendo più modo di lavorare insieme, avevo continuato ad avere sue notizie da amici orchestrali e coristi che collaboravano con lui. Mi ha lasciato un grande vuoto e un senso di smarrimento».
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Ha salutato gli amici e il pubblico scrivendo un necrologio letto dal suo legale ai cronisti: «C'è solo una ragione che mi spinge a salutare tutti così e ad avere un funerale in forma privata: non voglio disturbare nessuno».
«Anche andandosene, ha dimostrato di essere un signore. Come quando lavoravamo in sala d'incisione. Non si dava arie, nonostante la fama e i premi vinti: però da noi musicisti pretendeva il massimo. Era esigente, ma gentile».
Come la scoprì?
«Facevo parte del coro dei Cantori Moderni di Alessandro Alessandroni, come soprano. Arrivata a Roma da Genova, mi iscrissi a una cooperativa musicale alla quale i direttori d'orchestra si rivolgevano quando avevano bisogno di musicisti, coristi compresi. Lavoravamo a chiamata e spesso partecipavamo alle sessioni ospitate dagli studi della Rca Italiana, a via Tiburtina. Morricone ascoltò la mia voce e se ne innamorò».
Com'era interpretare i suoi brani?
«Mi sembrava di volare. Tutte musiche stupende, ma la mia preferita è 'In un sogno il sogno', dalla colonna sonora de 'La donna invisibile'».
L'insegnamento più grande?
«Un giorno gli dissi: Maestro, perché per una volta non mi fa cantare una canzone, anziché incidere i soliti vocalizzi? Mi rispose che se avessi cantato canzoni, sarei stata una delle tante. Invece così potevo permettermi di essere unica». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero