«La mia Margherita non è piaciuta? Le mie pose nel Mefistofele sono ripugnanti? Ah, è così? Margherita deve vivere la sua vita di folle e dannata,...
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TONY SACCUCCI
A Emma Carelli, soprano e impresaria dei primi anni del Novecento, è dedicato il film La prima donna, di Tony Saccucci (soggetto Tony Saccucci da un’idea di Carlo Fuortes), applaudito un anno fa al Teatro dell’Opera, come evento di pre-inaugurazione della Festa del Cinema, e ora di ritorno nelle sale il 5, 6 e 7 ottobre.
Il ritratto di una diva assoluta che sapeva come rispondere alla critica: «Sono fiera», ribatteva, facendo il verso alle sdolcinate colleghe, «che le mie interpretazioni di Tosca, Bohème, Desdemona appartengano più alla realtà che all’arte».
Lunghi applausi accolsero, il 14 ottobre scorso, questa signora della storia italiana e Licia Maglietta, protagonista del racconto, che ha restituito al personaggio leggendario e dimenticato emozioni e riflessioni di urgente attualità. Carelli fu il primo soprano a innovare le eroine della lirica, la prima cantante a tener testa a Toscanini, la prima impresaria a dirigere il Teatro Costanzi, la prima ribelle a mettere alla porta i gerarchi, la prima innovatrice a far salire sul palco i Futuristi e Picasso: «Credo nell’eclettismo, bisogna intercettare le tendenze e i nuovi talenti», spiegava, «organizzeremo delle conferenze di introduzione agli spettacoli e aumenteremo le rappresentazioni per abbassare il costo dei biglietti».
CARLO FUORTES
«I primi venti anni del Novecento furono molto innovativi per il Teatro Costanzi», spiega il sovrintendente del Teatro dell'Opera che ha prodotto il film insieme con l'Istituto Luce, «le serate futuriste, i Ballets Russes con Djagilev.
La Prima donna, osannata e poi annientata. Nell’Italia che si avvia verso il regime autoritario, Emma vede la fine del suo teatro, del suo matrimonio con l’impresario Walter Mocchi, del suo ruolo da protagonista nel mondo dello spettacolo. Dopo aver trionfato in un mondo dominato da uomini, muore in modo cruento nel 1928, anno che registra il maggior numero di donne suicide nella storia del nostro Paese.
Il film ripercorre gli anni delle Suffragette, delle avventurose e dorate tournée in Sudamerica e della distribuzione del pane, delle luci della ribalta e del buio della Guerra. Un lavoro prezioso negli archivi di Cinecittà e di Stato, documenti inediti e riprese originali nel teatro in piazza Gigli, che hanno permesso di riaccendere i riflettori sulla disparità di genere, di cento anni fa e di oggi.
MUSSOLINI
La Carelli, all’apice della sua carriera, venne ostacolata da Mascagni che ambiva al suo posto, dal marito che le spezzò il cuore, per finire vilipesa e allontanata da Mussolini. La scoperta di un documento del Ministero degli Interni, del 2 novembre 1925, offre la lettura definitiva: “Al Teatro Costanzi si è costretti a sentire la CARELLI vomitare i più turpi e volgari epiteti contro il fascismo, il governo e le più alte sue personalità. Tra le tante volgarità le più dolci sono che il Duce, Farinacci, Starace, Federzoni ecc sono ladri da strada maestra, assassini, banditi, magnacci... Non sarebbe ora far cessare questo sconcio?”. È la condanna. Carelli morirà tre anni dopo. Un incidente mentre guidava la sua amata Lancia Lambda. Disgrazia? Suicidio? L’uscita di scena di una prima donna che non poteva essere prima. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero