Con "Patrick Melrose" Benedict Cumberbatch torna in tv (su Sky)

Cumberbatch nella serie
>Uno sguardo satirico, tagliente ma anche toccante alla degenerazione di una famiglia aristocratica. Questo è Patrick...

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>Uno sguardo satirico, tagliente ma anche toccante alla degenerazione di una famiglia aristocratica.

Questo è Patrick Melrose, miniserie prodotta da Showtime e Sky con Benedict Cumberbatch come protagonista e produttore esecutivo, che dal 9 luglio sarà in onda su Sky Atlantic. Lo sceneggiatore David Nicholls ne ha parlato a Milano.

«La sfida principale è stata cercare di strizzare ciascun romanzo in 57 minuti, perché sono libri molto "interiori" - spiega Nicholls a proposito dei cinque romanzi di Edward St. Aubyn, pubblicati in Italia da Neri Pozza - Dentro c’è poca trama se non una serie di incontri, bisognava dargli una forma, una storia incatenata, ma soprattutto era difficile mostrare quel che pensano i personaggi: si descrive un mondo in cui le persone vivono secondo un’etichetta, con distacco, non dicono mai quel che sentono. È stato il lavoro di trasposizione più difficile per me: alla fine avevo scritto almeno 80 bozze!».

Una sfida particolarmente accesa nelle scene del primo episodio, dal romanzo Cattive notizie: «Non c’è nessuna esperienza più interiore dell’assumere droga: solo qui è stato necessario ricorrere alla voce fuori campo, ma per comunicare quell’energia maniacale non bastava. Ho amato il lavoro del regista Edward Berger e di Benedict: ha fatto molta ricerca, passando tanto tempo con l’autore e con tossicodipendenti, e se ne è uscito con un sacco di appunti e un diagramma dei momenti ‘up’ e ‘down’, creando scene intere da poche righe di script».

Tra autodistruzione e dipendenza, abuso e decadenza, la storia dei Melrose non è un dramma familiare qualunque: «Quando ho letto il primo libro sono rimasto affascinato da quanto una storia orribile di traumi potesse essere anche divertente senza risultare di cattivo gusto. Mi interessava descrivere un mondo tanto crudele eppure con qualcosa di toccante, che ispirasse compassione. Questo aspetto era un po' sepolto nei libri ma diventa tangibile nel lavoro degli attori».

Benché "interiore", la storia non è solo psicologica: «Anzi, Patrick è sospettoso della terapia, parla piuttosto del ‘veleno dei Melrose che scorre di generazione in generazionè, come un flagello. C’è qualcosa di eroico nel suo sforzo di non ripetere gli errori del padre, mi ricordava il ‘Padrinò, con il tentativo di Patrick di scappare da questa maledizione. In tutto il suo cinismo, la storia è confortante: non volevamo fare cinque ore di crudeltà, questo è il declino di una famiglia, ma anche un riscatto morale».


Un racconto sulla fragilità dell’infanzia e sui conflitti generazionali, ma anche una satira sociale dell’aristocrazia britannica: «Prima di avviare il progetto c’era un pò di timore perché la tv mostra l’alta società inglese spesso in modo aspirazionale e con deferenza. Penso a serie come Downton Abbey, dove c’è una spettacolarizzazione, la nobiltà come attrazione turistica. Qui la satira è intelligentissima: anzi, lo snobismo e il senso di superiorità sono segno della malattia mentale di Patrick». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero