Con 7 Bad Times at El Royale - 7 sconosciuti a El Royale, il noir di Drew Goddard che strizza l'occhio sia ai fratelli Coen sia a Quentin Tarantino con l'aiuto dei...
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Secondo lei cosa spinge il pubblico a mettersi in fila?
«La gente si è ormai accorta della qualità e della varietà dei film della Festa e viene sempre più attirata dagli incontri. Quest'anno parleranno in pubblico 14 big: sbarcano a Roma per scelta, non per promuovere il loro lavoro».
Le dispiace non avere nè giuria né premi?
«Sono stato io a non volerli. Qui non avrebbero avuto senso: Roma non può essere una Venezia di serie B».
Con il direttore della Mostra Alberto Barbera, che aveva definito locale la Festa, si è sfiorato l'incidente diplomatico.
«Tutto rientrato. Mi è appena arrivato un messaggio di auguri e di stima da Alberto e mi ha fatto un enorme piacere. Non riusciranno a farci litigare».
Cosa le manca per fare una Festa ancora più grande?
«I soldi. Farò di tutto perché sia aumentato il budget di 3 milioni e 400mila euro, un terzo di quello veneziano».
Cosa non può permettersi?
«Alcune star che avanzano pretese al di sopra delle nostre possibilità, dunque inaccettabili».
Che tipo di pretese?
«Jet privati, un seguito troppo folto, richieste folli che possono far lievitare fino a 300 mila euro la spesa per un singolo personaggio. È il motivo per cui quest'anno ho rinunciato ad almeno tre star».
Le brucia la loro assenza?
«Assolutamente no e posso guardarmi sereno allo specchio: mi pareva moralmente doveroso non sperperare il denaro pubblico per assecondare i capricci di certi attori mentre campioni come Blanchett, Scorsese e Huppert hanno accettato di venire a condizioni ragionevoli».
Che sorprese ci aspettano nei prossimi giorni?
«Il film di Michael Moore Fahrenheit 11/9 sull'elezione di Donald Trump (in programma domani, ndr) è una bomba: il regista, che paragona il presidente a Adolf Hitler, spiazza tutti attaccando la sinistra più che la destra. Ma punto anche su Il vizio della speranza, If Beale Street Could Talk di Barry Jenkins, il documentario Corleone e The Old Man & The Gun, il film d'addio di Robert Redford».
Non ci sono produzioni Netflix per caso o per scelta?
«Per caso: avrei voluto almeno un paio di film prodotti dalla piattaforma, ma non erano pronti. Lo streaming non è il futuro, è già il presente e combatterlo è antistorico. Inutile illudersi che esista solo la sala, come cent'anni fa: i film ormai si vedono su smartphone, tablet e computer. È l'argomento caldo di cui parlerà Thierry Frémaux, il direttore di Cannes».
Si sente appoggiato o tollerato dalle istituzioni?
«Sono felice di avere la fiducia e la stima di Comune e di Regione che hanno già confermato i finanziamenti per l'anno prossimo. Anche il ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, appoggia caldamente la Festa».
Sta già pensando alla prossima edizione?
«Certo. Vorrei consegnare il premio alla carriera a due big del calibro di Scorsese. Sto già lavorando con la vicepresidente della Fondazione Laura Delli Colli, una compagna di viaggio presente e preziosa. Anche nel 2019 faremo scintille». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero