Si potrebbe definirlo un film motivazionale "A Head Full of Dreams", che racconta i venti anni dei Coldplay oggi in anteprima in oltre 2.000 cinema del mondo e con dieci...
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La telecamera sempre accesa li mostra in studio, disco per disco, da "Parachutes" in poi. Si scopre come compongono e si confrontano, si sentono i riff e i testi nel momento preciso in cui nascono. Si vedono al lavoro con Brian Eno per Viva la Vida, in cerca di sonorità nuove, e si comprendono le dinamiche di un gruppo di amici, tra alti e bassi, errori e dipendenze. Non mancano i momenti di crisi: la cacciata del batterista (poi ripreso), l’allontanamento del manager Phil, il quinto membro che garantisce la democrazia, lo smarrimento durante la registrazione di X & Y, il flop in America, l’invadenza dei media nella vita privata del cantante e la separazione da Gwyneth Paltrow che lo gettò nella depressione. Un viaggio metabolizzato in Ghost Stories, che dalla solitudine assoluta lo portò alla condivisione definitiva, con il resto della band a sostenerlo e la musica a dargli conforto: «Ho bisogno di cantare per poter arrivare alla fine della giornata».
Solo seguendo il film fino a questo punto, si chiarisce il tema dell’ultimo Head Full Of Dreams e del tour annesso. Un’esagerazione di gioia e positività che i fan dei Coldplay della prima ora, più intimi e acustici, non hanno digerito, eppure ora disco e live appaiono l’approdo naturale di questa storia. Il Martin giullare iperattivo con i brufoli, è esattamente quello che oggi sta sul palco, colore e fuoco d’artificio. Pacificato. Non sopportava le critiche della stampa e ora è consapevole di sé: «Ho passato anni di ansia a pensare alla gente a cui non piacevamo, tralasciando quella a cui piacevamo». La macchina del successo è più grande di quattro persone che suonano insieme ed essere riusciti a stare al passo, senza perdersi, è un traguardo: «Siamo come uova, bacon, fagioli e funghi nello stesso piatto. Crescere insieme è stato il nostro punto di forza. Separandoci, avremmo fallito». Eccola la testa piena di sogni: avere alla chitarra Noel Gallagher, registrare Hymn for the Weekend con Beyoncè nella cameretta del figlio di Martin, richiamare ai cori l’ex moglie Gwyneth e festeggiare sui palchi del pianeta oltre ottanta milioni di dischi venduti. Fosse fiction, si concluderebbe qui. Invece Martin lascia con un punto interrogativo: «Non so cosa ci sarà dopo. E’ come la fine di un’era, ma ho fede nel futuro». Intanto il 7 dicembre esce il cofanetto del live. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero