Santamaria e i Marlene Kuntz in “Il castello di Vogelod” a Napoli

Claudio Santamaria
Sovrapposizione di registri e livelli, compenetrazione, fusione tra arti, un viaggio sonoro dentro un film. Questa, in sintesi, è l’esperienza de “Il Castello...

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Sovrapposizione di registri e livelli, compenetrazione, fusione tra arti, un viaggio sonoro dentro un film. Questa, in sintesi, è l’esperienza de “Il Castello di Vogelod”, sonorizzato dai Marlene Kuntz e interpretato da Claudio Santamaria, che debutterà a Napoli, giovedì prossimo alle 21 (repliche fino a domenica 25), sul palcoscenico del Teatro Nuovo.


Protagonista dell’allestimento è l’intrigante thriller “Il Castello di Vogelod” diretto nel 1921 da Friedrich Wilhelm Murnau, tratto dall’omonimo romanzo di Rudolf Stratz, una pellicola già «teatrale», claustrofobica e coinvolgente, restaurata magnificamente nel 2013 e conservata nel Museo Nazionale del Cinema. La vicenda si svolge quasi del interamente negli interni del castello di Vogelod, tra personaggi dell’alta società collegati tra loro dai tipici elementi del giallo (genere successivo di cui questa pellicola è tra i pionieri): un omicidio irrisolto, un sospettato, una vedova inquieta, strategie, inganni, segreti, rivelazioni. Il film coinvolge e appassiona anche un pubblico di quasi un secolo più avanti nel tempo. 

A questo primo protagonista, il film, si sovrappone uno spettacolo teatrale, diretto da Fabrizio Arcuri e prodotto da Nuovo Teatro, che potenzia la tensione del film stesso. La colonna sonora accompagna le dinamiche dell’intreccio con i suoni graffianti, ruvidi e allo stesso tempo melodici tipici dei Marlene Kuntz. Cristiano Godano (voce e chitarra), Riccardo Tesio (chitarra) e Luca Bergia (batteria, percussioni, cori) confermano, ancora una volta, non solo la loro cifra stilistica, ma anche come la musica possa essere traduzione visiva, interprete di immagini. I personaggi del film, che è muto, hanno tutti la voce di Claudio Santamaria, impegnato in una performance attoriale che è sintesi tra doppiaggio, recitazione, interpretazione e rumorismo.


Infatti, l’attore romano non solo padroneggia i cambi di registro vocale e il sincronismo con le immagini, ma interpreta anche i personaggi stessi, nelle azioni e nella psicologia. A lui sono anche affidati i live electronics, quindi i rumori di scena. Il castello di Vogelod diventa, dunque, uno spettacolo immersivo, che, letteralmente, ridà vita al film del regista tedesco. Un esperimento di commistione di arti che omaggia un capolavoro del cinema muto in grado di far riflettere, anche dopo quasi un secolo, sulle amare conseguenze della manipolazione della realtà, dettata esclusivamente dal pregiudizio.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero