“Playtime” di Jacques Tati, “Pina” di Wim Wenders, “Mister Chocolat” con Omar Sy e James Thierrée, “An evening of Dance...
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C'è “Playtime”, capolavoro di Jacques Tati, ovvero Monsieur Hulot catapultato in una Parigi avveniristica, travolto dalla frenesia dei tempi moderni. Sempre focalizzato sul linguaggio universale del corpo è anche “Le Porteur di Dimitri”, il grande clown formato al magistero di Etienne Decroux e di Marcel Marceau di cui ha continuato l'illustre tradizione con una propria scuola e una propria compagnia. Nel solco delle comiche del cinema muto, lungo la linea che da Buster Keaton e Charlie Chaplin arriva a Tati, si collocano Dominique Abel e Fiona Gordon, con studi teatrali e circensi alle spalle, autori della commedia umoristico-fantastica “La fée”, dove si racconta la storia di Dom, guardiano notturno in un albergo. E ancora dal circo al teatro, dall'anonimato alla fama, si svolge l'incredibile destino del clown Chocolat (Omar Sy), il primo artista nero di Francia, immortalato in un quadro di Toulouse-Lautrec e raccontato nell'omonimo film dalla cinepresa di Roschdy Zem.
Oltre a Simone Forti con il film “An evening of Dance Construction”, tanti i ritratti di grandi artiste, il loro percorso di vita intima e creativa, le fragilità e le conquiste: “Pina” di Wim Wenders, film consacrato alla Bausch e al suo ensemble di Wuppertal, “Sur son cheval de feu” di Raymond St-Jean dedicato a Louise Lecavalier, “Restless Creature” di Linda Saffire e Adam Schlesinger. Un'altra grande ballerina, Bobbi Jene, e un'altra grande compagnia, la Batsheva Dance Company di Ohad Naharin, ma anche la vita oltre la sala prove, la ricerca della propria indipendenza creativa fra fragilità e determinazione: raccontata da Elvira Lind, “Bobbi Jene” è stato premiato al Tribeca Film Festival dello scorso anno come miglior documentario, montaggio e fotografia. Sul piano del film di finzione è invece “Pendular” di Julia Murat, presentato alla sezione Panorama della Berlinale 2017. Infine uno spettacolo cult di Marie Chouinard, sacerdotessa della danza dal lessico primitivo e al tempo stesso raffinatissimo, da cui il canale culturale Arte ha tratto l'omonimo film “Body_Remix/Goldberg_Variations”, uno spettroscopio del gesto in cui le protesi del corpo - stampelle, corde, imbracature - liberano i movimenti dei danzatori e li reinventano.
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Il Messaggero