«Quel concerto del 1971 al teatro Brancaccio di Roma», ecco come lo ricordo

«Quel concerto del 1971 al teatro Brancaccio di Roma», ecco come lo ricordo
Chris “l’onnipresente”, quello che c’era sempre quando una qualsiasi incarnazione degli Yes si attivava… quello a cui rivolgersi persino per tenere in piedi la baracca...

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Chris “l’onnipresente”, quello che c’era sempre quando una qualsiasi incarnazione degli Yes si attivava… quello a cui rivolgersi persino per tenere in piedi la baracca scricchiolante… forse perché era quasi un gigante e riempiva il palco pure in una formazione che metteva insieme stelle come Rick Wakeman, Jon Anderson, Steve Howe e Bill Bruford: gente a cui non era facile “rubare” il palco.




Un bassista pazzesco, tecnico come un chitarrista di quelli bravi sul serio, solido come il suo fisico roccioso. Persino un chitarrista iperconsiderato come Joe Bonamassa lo considerava un maestro assoluto ed è cresciuto nel mito degli Yes e soprattutto di Squire. Racconta proprio Bonamassa: “ho consumato Yessongs insieme a mio padre, non riuscivo a credere che un bassista potesse fare quelle cose. Sono un chitarrista ma ero più attratto dal lavoro di basso che da quello della chitarra.



Heart of the Sunrise e Wurm (parte di Starship Trooper) in quella versione live mi mandavano fuori di testa e le ho volute suonare spesso da vivo. Qualche anno fa in Inghilterra mi ritrovai Squire in camerino e rimasi impietrito; telefonai subito a mio padre e gli dissi… non puoi credere a chi c’è in camerino con me”! La prima volta che ascoltai gli Yes avevo quasi 16 anni: 9 maggio 1971 al Teatro Brancaccio di Roma, il tour di Yes Album, concerto a tre con PFM, seguita dai Black Widow e poi loro.



Concerto pomeridiano, come si usava spesso allora, avevo il coprifuoco ma non me li sarei mai persi! Si spengono le luci e partono le note di Also Sprach Zarathustra, giusto un minuto… poi partono le note infuocate di Yours Is No Disgrace, infuocate sul serio perché un corto al cavo dell’Hammond di Tony Kaye fa andare in tilt l’impianto elettrico e si riaccendono le luci. Non facciamo scherzi, mica salta il concerto? Fortunatamente dopo un po’ riparte il brano e questa volta fila tutto liscio.



Mi accorgo subito di una cosa, chi “mena” sul serio è proprio Squire, preciso ma tostissimo e aggressivo più di Howe, decisamente più “chiaro” nel suono, e questa caratterista mi avrebbe affascinato per sempre. Nel primo numero di Prog Italia ho voluto togliere una pagina all’ultimo momento per inserire un in bocca al lupo per Chris: una pagina fortemente simbolica, il primo articolo in assoluto di questa nuova rivista e mi sembrava giusto dedicarla a lui. Neanche nella malattia è stato normale, non una malattia del sangue qualunque, che all’inizio si può curare, bensì il raro e aggressivo “Morbo di Di Gugliemo”. Ciao Chris sei stato uno di noi e per sempre nei nostri cuori. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero