Gli orrori della guerra contro i narcos messicani in un thriller molto spettacolare ma superficiale e inconcludente. Fino a...
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Fino a dove ci si può spingere per combattere il male assoluto? Si possono usare metodi criminali contro criminali spietati? E se una agente Fbi ligia e coraggiosa (Emily Blunt) scopre che due loschi “consulenti” della Cia (Benicio Del Toro e Josh Brolin) la stanno usando come esca e copertura per la loro sporca guerra personale, come deve comportarsi? La domanda vera è un’altra. E riguarda il cinema americano, che subisce il fascino di questi mondi saturi d’orrore sfruttandoli per fare spettacolo, senza dedicare loro film all’altezza salvo rare occasioni (ricordiamo almeno Syriana o Zero Dark Thirty: lì lo sfondo era la guerra in Medio Oriente ma i dilemmi morali che li attraversavano erano della stessa natura).
Peccato perché gli attori sono formidabili (sopratutto i due mascalzoni). E Denis Vieneuve, il regista canadese rivelatosi col notevole La donna che canta, ha un grande talento. Per le scene d’azione. E per le situazioni senza scampo, in cui i personaggi sono costretti a dilaniarsi a vicenda anche quando vorrebbero aiutarsi. Peccato che a Hollywood interessino quasi solo le prime. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero