Le follie e gli insulti segreti di Gadda

Le follie e gli insulti segreti di Gadda
Pubblichiamo un estratto da “Certi momenti” di Andrea Camilleri, da oggi in libreria. Un libro che racconta gli incontri di una vita e i momenti indimenticabili di un maestro...

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Pubblichiamo un estratto da “Certi momenti” di Andrea Camilleri, da oggi in libreria. Un libro che racconta gli incontri di una vita e i momenti indimenticabili di un maestro della narrativa italiana contemporanea.




di Andrea Camilleri



Nel 1958 mi chiamarono al Terzo programma della radio Rai, in sostituzione della funzionaria andata in maternità, quale responsabile del cartellone della prosa. Mi assegnarono una stanza e una scrivania, munita naturalmente di telefono. Giulio Cattaneo, che lavorava al Terzo programma, mi venne a trovare subito.



«Ma questa è la scrivania di Gadda!» esclamò entrando.



Infatti Gadda per anni aveva lavorato al Terzo in qualità di responsabile delle cosiddette «conversazioni culturali». Quel giorno stesso Giulio mi raccontò una quantità di cose sullo scrittore, una più divertente dell'altra. Per esempio, quando riceveva una telefonata dal direttore, Gadda, sempre tenendo il microfono all'orecchio, si alzava in piedi assumendo un atteggiamento ossequioso, e si risedeva solo quando la conversazione era terminata. Ma appena agganciata la cornetta esplodeva in una serie di fantasiosi epiteti contro il direttore, mormorati tutti a voce bassa e guardandosi sospettosamente attorno: il più gentile era «anima di merda».



EROS E PRIAPO

Gadda aveva appena pubblicato Eros e Priapo, un violento, sarcastico, paradossale libello contro il fascismo, quando Giulio gli giocò un tiro mancino: entrò trafelato nella stanza dello scrittore e lo avvertì che una colonna di facinorosi fascisti stava dirigendosi verso la Rai per chiedergli conto e ragione della pubblicazione di quel libro. Terrorizzato, Gadda era balzato in piedi e poi, massiccio com'era, si era arrotolato sotto la scrivania, supplicando Cattaneo di dire ai fascisti che lui quel giorno non era andato in ufficio. La scrivania di Gadda aveva cinque cassetti: uno grande centrale e quattro laterali, due per parte.





LA CHIAVE MANCANTE

Il cassetto centrale, quando tentai di aprirlo, risultò chiuso a chiave, ma la chiave non c'era. Feci vari tentativi con altre chiavi fino a quando non ne trovai una che apriva il cassetto. Era pieno dei dattiloscritti che i vari autori delle conversazioni culturali gli avevano inviato. Trattavano vari argomenti: andavano da Foscolo a Leopardi, da Belli a Moravia, e via di questo passo. Ne presi uno a caso, era di un noto poeta romano ed era dedicato ai sonetti del Belli, ma la cosa divertente erano le sottolineature e i commenti a margine che Gadda aveva fatto durante la lettura del dattiloscritto.



I più gentili erano «Macaco!» oppure «Babbeo!» oppure ancora «Scemo totale».



In coda al dattiloscritto però aveva annotato: «Dirgli che si tratta di un lavoro ottimo».




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Il Messaggero