Bong Joon-ho, un premio Oscar da scoprire. Nelle sale "Memorie di un assassino"

Bong Joon-ho, un premio Oscar da scoprire. Nelle sale "Memorie di un assassino"
Bong Joon-Ho, un Oscar da scoprire. Tra i meriti di "Parasite" di Bong Joon-ho, Palma d'oro a Cannes e che ha appena sbancato ad Hollywood con ben quattro Oscar...

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Bong Joon-Ho, un Oscar da scoprire. Tra i meriti di "Parasite" di Bong Joon-ho, Palma d'oro a Cannes e che ha appena sbancato ad Hollywood con ben quattro Oscar tra cui miglior film, c'è anche quello di aver più che sdoganato questo regista coreano dall'animo mediterraneo capace di sconfiggere grandi come Scorsese e Tarantino, e anche di girare un capolavoro della fantascienza con "Snowpiercer". E così ora, non a caso, si  pesca nel suo passato e arriva in sala dal 13 febbraio con Academy Two "Memorie di un assassino" film del 2003 che proprio lo stesso Tarantino definì semplicemente «un capolavoro».


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Siamo a Gyeonggi nel 1986 quando in piena campagna viene trovato il cadavere di una ragazza violentata e martoriata. Partono le indagini da parte della più inetta e confusa polizia locale ancora ammantata dai metodi spicci del recente regime che vive ancora nel dna di tutti i poliziotti. Le cose si complicano quando gli omicidi si susseguono e si capisce che ci si trova di fronte a un serial killer. Davvero troppo per la squadra dei
ruspanti detective. Un ispettore arriva così da Seul per fare luce su quello che sta accadendo, ma la squadra investigativa alla fine come spesso capita si ostina più a cercare un capro espiatorio che a trovare il vero colpevole. E così interrogatori a suon di calci e pugni, anche nei confronti di innocui scemi del villaggio, sospetti sul nulla e, soprattutto, nessun rispetto per la scena del crimine attraversata da trattori e galline. Ma l'armata brancaleone della polizia locale, capeggiata dal detective capo (interpretato dallo straordinario Song Kang-ho) e dal confuso sergente di polizia (Byun Hee-bong) alla fine una sorta di sottile traccia lentamente la trova.

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Questi i pochi indizi raccolti: il sospettato è glabro, colpisce sempre quando piove e dopo aver ascoltato alla radio una particolare canzone triste. Ma in un commissariato di polizia pieno di personaggi degni della migliore commedia all'italiana queste tracce sono davvero troppo poco. Insomma non bastano a fare la differenza né il detective (Cho Yong-koo), anfibi d'ordinanza pronti al Taekwondo da praticare su ogni sospetto, né il commissario capo che, tra un amplesso e un altro, cerca di sfruttare le molte conoscenze della bella fidanzata che, facendo traffico illegale di farmaci, sa tutto di tutti.
 
 



"Memorie di un assassino" - spiega il regista - è un dramma investigativo molto realistico e decisamente coreano. Non ci sono così eleganti detective in stile FBI con giacche di pelle e occhiali da sole scuri come
quelli che si vedono di solito nei film americani. L'abbinamento di un poliziotto cittadino è un poliziotto di
campagna potrebbe sembrare a prima vista una scelta convenzionale - continua Bong Joon-ho , ma persino

l'investigatore che viene dalla capitale non corrisponde all'immagine di un detective di città che ama i rompicapi. Non è insomma un thriller classico che mette insieme tutti i tasselli di un puzzle - conclude - come è nel più tradizionale dei film hollywoodiani, ma piuttosto è descritta in modo molto realistico la rabbia e la follia di questi due investigatori che vogliono disperatamente catturare l'assassino, ma non riescono a farlo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero