Le sue analisi sulla frantumazione delle identità, sull'incertezza esistenziale, sulla precarietà e la solitudine delle nostre vite avevano fatto di Zygmunt...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
E ancora un senso di competitività esasperato, l’indebolimento delle strutture statali e il successivo espandersi del liberismo. E infine, come contrappeso alla costante condizione d’instabilità, la manifestazione del bisogno di ritrovare ciò che abbiamo per sempre perduto, la solidità dei rapporti interpersonali. Tutto ciò produce, come un’onda lunga, un altro dei problemi contemporanei, sia esso collettivo o individuale: la crisi dell’identità. La frenetica e costante ricerca a sapere chi siamo non è il residuo di un’epoca preglobale, bensì l’effetto collaterale, o il sottoprodotto, delle pressioni globalizzatrici e delle paure individuali che esse hanno generato.
Sullo sfondo di una paura inconfessabile: che futuro ci aspetta? Lo chiesi a Bauman in una nostra recente conversazione.
Nella modernità liquida in cui viviamo la regola dominante è un mutamento incessante, senza soste, che non consente di consolidare nuove istituzioni. E' impossibile un'analisi della società? Bauman pensava che l'unica certezza è l'incertezza, il nostro vivere in una condizione d’instabilità. II futuro non ha prospettive, non ha dimensione a lungo termine. “Ho abbandonato così l'idea della post-modernità che implica una separazione dalla modernità, un andare oltre. Se la modernità è un ossessivo processo di cambiamento, la necessità compulsiva di trasformare tutto, l'impossibilità di qualunque consolidamento, noi siamo ancora nella modernita”. Tutto questo rende difficile l'analisi, il pensiero che va oltre il provvisorio e il quotidiano. Bauman faceva un esempio per lui davvero significativo.
Una grande fondazione tedesca lo aveva invitato a fare una consulenza su un progetto di educazione. Lui aveva chiesto se era a lungo termine. Gli avevano risposto di sì: si spingeva fino all'ottobre dell'anno successivo. “Il lungo termine erano... undici mesi. Se la realtà è in evoluzione, come fai a fare progetti? Già undici mesi sono un periodo molto lungo”. Siamo condannati a vivere una condizione paradossale: precari ma creativi. E' la logica del capitalismo flessibile? Bauman concludeva: «Non sono un profeta. Penso che il processo storico abbia le caratteristiche del pendolo. Abbiamo valori dignitosi per una vita decente. Sono indispensabili, ma anche alternativi. Freud diceva che la società paga con una minor libertà la necessità di sicurezza». E ricordava quello che per lui era l’aspetto più spettacolare e tragico della post-modernità, condensato in una formula a cui era legato:la produzione di scarti umani”. La vittoria della post-modernità in ambito globale ha aumentato in maniera esponenziale questi “rifiuti, degli umani non più necessari al completamento del ciclo economico, dei paria impossibili da sistemare all’interno della struttura sociale che fa da riflesso all’economia mondializzata”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero