L'armeno di ferro Charles Aznavourian, diventato supremo chansonnier di Francia, è una formidabile prova vivente di resistenza. Con una carriera così potrebbe...
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I concerti di Aznavour, che domani 23 luglio è di scena alla Cavea dell'Auditorium, nella prima di due date italiane, l'altra è a Cagliari il 13 agosto (una terza al Teatro Greco di Taormina è stata cancellata) sono ovviamente un tributo alla carriera, alla memoria passata, a quel che resta dell'ultimo dei grandi cantanti di Francia che non fa nulla per nascondere la sua età e anzi, da vecchio istrione, probabilmente sa che è un argomento seduttivo e ne approfitta puntualmente. Il passo successivo sarebbe dimostrare che il peso degli anni non lo avverte, insomma che è ancora in gamba mentre sciorina il suo rosario di successi da far paura seguito da una band istruita alla perfezione
da un compagno fidato come il pianista, Eric Berchot, che viene esibito quasi come un trofeo, visto che è un vincitore del prestigioso premio Chopin. L'elenco dei titoli è esemplare: L'istrione, Buon anniversario, Ed io tra di voi, She, La bohéme, Devi sapere, Com'è triste Venezia, La mamma, Mourir d'aimer, Ave Maria, Emmenez moi, eccetera, eccetera. Quando ci sono le vecchie traduzioni in italiano ne approfitta sempre, rievocando lontani successi anche dalle nostre parti. Insomma andare a un suo concerto è un viaggio nella nostalgia profonda, ma anche una sfida al tempo che passa con un artista che caparbiamente prova a batterlo quel tempo, non importa se il suo udito non è più fino come quello di una volta, se la memoria ha qualche defaillance, se l'intonazione qua e là paga pegno, se la voce non è più stentorea come prima. Del resto Aznavour è più che un cantante, un pezzo di Francia e della grandeur musicale che fu. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero