Luca Argentero: «Io, un permaloso nato per la felicità. Rifarei tutto, anche il Grande Fratello»

Capello sfibrato, viso segnato, occhi a mezz'asta: in Hotel Gagarin, la commedia di Simone Spada da ieri nelle sale, Luca Argentero sveste i panni del bello da morire e...

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Capello sfibrato, viso segnato, occhi a mezz'asta: in Hotel Gagarin, la commedia di Simone Spada da ieri nelle sale, Luca Argentero sveste i panni del bello da morire e indossa quelli del cosiddetto fattone. Maglioni a righe, spinello sempre in bocca: il fascino ne risente un po' ma meglio non dirglielo perché il ragazzo - o meglio: l'uomo, visto che ha appena compiuto 40 anni - se ha un difetto è quello (per sua stessa ammissione) di essere permaloso.


Brutto difetto...
«Sì, ma ci sto lavorando: cerco di migliorarmi».

Cosa ha dovuto fare per imbruttirsi?
«È bastato solo il look, nient'altro. Anche perché nelle sei settimane di riprese in Armenia la stanchezza era reale quindi non c'è stato bisogno di segnare il viso in altri modi».
 
Nel film interpreta Sergio, un fotografo rassegnato a fare matrimoni, intelligente e dal cuore buono ma che annebbia le proprie insoddisfazioni nei fumi dell'erba. Le assomiglia in qualcosa?
«No, non potrebbe essere più lontano da me. Io non sono mai stato indolente, sono nato felice e di questo devo ringraziare la mia famiglia. Ho vissuto la felicità come una raison d'être e continuo a coltivarla: per me è un impegno quotidiano».

A 40 anni di solito si fa un bilancio: il suo?
«Il mio bilancio è talmente positivo che non ho avuto grandi motivi per rimuginare. Non mi manca nulla».
 
Venticinque film in 12 anni: ha intenzione di mantenere questa media?
«Magari! È un lavoro muscolare, bisogna restare allenati»

Dice pochi no?
«All'inizio ne dicevo pochi, bastava provare, buttarsi, mettersi alla prova. Come diceva Coelho un errore non è un errore finché non lo hai commesso. Poi con il tempo e un po' di esperienza ho cominciato a scegliere di più. Dopo 25 film anche io posso dire la mia, ma per molti anni non ho avuto il coraggio di far scrivere attore sulla carta d'identità. Lasciavo libero professionista».
 
Quando la svolta?
«Nel 2008, dopo Solo un padre di Luca Lucini. Quando un film si regge tutto sulle tue spalle non hai vie di fuga. Mi sono detto ok, posso dire che faccio l'attore».

Il prossimo sogno da realizzare?
«A parte le punte di diamante come Sorrentino e Garrone, che restano un miraggio, mi piacerebbe lavorare con la nuova nouvelle vague del cinema italiano: Rovere, Mainetti...».

Qualcosa che non rifarebbe?
«Nulla. Rifarei anche il Grande Fratello».

Le capita di vederlo? È molto peggiorato.
«Vedo pochissimo la tv e quando succede non guardo il Grande Fratello. Qualsiasi format che ha 15 anni è costretto a peggiorarsi per sopravvivere, è difficile migliorare quel tipo di salotto televisivo».

Un anno fa disse di voler diventare papà, novità?

«Ma come si fa a non voler diventare papà! Vediamo... so come si fa: Inshallah».
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Il Messaggero