Anastacia, l'anniversario sabato all'Auditorium Conciliazione

A venticinque anni dall’uscita del primo album, la star Usa sabato 22 marzo porterà sul palco dell’Auditorium della Conciliazione tutte le sue hit

Anastacia, 56 anni
Quando uno dei capoccioni della Epic Records statunitense ascoltò per la prima volta I’m Outta Love pensò che si trattasse dell’ennesima «brava artista nera»....

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Quando uno dei capoccioni della Epic Records statunitense ascoltò per la prima volta I’m Outta Love pensò che si trattasse dell’ennesima «brava artista nera». Poi gli spiegarono che quella Anastacia Lyn Newkirk era una donna bianca, bianchissima, nata a Chicago e cresciuta a New York a pane, Elton John e Barbra Streisand e che fino ad allora si era mantenuta cantando a feste e matrimoni di gente come Steven Spielberg e Arnold Schwarzenegger, prima di partecipare nel 1998 al talent show di Mtv The Cut. Quello rimase a bocca aperta.

L’ESORDIO

L’avventura di Anastacia cominciò così, venticinque anni fa: era il 2000 quando arrivò sugli scaffali dei negozi di dischi, prima statunitensi e poi del mondo intero, Not That Kind, l'album d'esordio della cantante che prima di Amy Winehouse negli Anni Duemila infranse le barriere tra bianchi e neri nel soul. Un anniversario che Anastacia, oggi 56enne, sta celebrando con un tour che sabato sera farà tappa nella Capitale, per un concerto all’Auditorium Conciliazione. La tournée si intitola #Ntk25, con il cancelletto - o hashtag - davanti, che fa tanto social (e pazienza che suoni un po’ boomer): è l’acronimo del titolo dell’album, che fu trainato proprio dalla hit I’m Outta Love in testa alle classifiche mondiali. «È ancora sbalorditivo per me rendersi conto che cosa è diventata universalmente, perché non era mio intento. La mia unica sensazione era quella di voler scrivere una canzone come It’s Raining Men o I Will Survive, una di quelle che ti fa muovere e ti rende felice», spiega lei, oltre 30 milioni di copie vendute a livello globale e 225 premi vinti in 31 paesi. Merito anche - e soprattutto - di quella hit se a distanza di venticinque anni dall’uscita di Not That Kind Anastacia continua a girare il mondo, esibendosi in Spagna, Svizzera, Austria, Repubblica Ceca, Germania, Polonia, Irlanda, Paesi Bassi, Francia, Belgio e Regno Unito, tra i paesi toccati dal #Ntk25 tour.

LA GRINTA

Negli anni il nome della cantante è diventato sinonimo di grinta, passione e resilienza, parola sì abusatissima, quest’ultima, ma che si presta bene a descriverla: non a caso deriva dal greco “anàstasis”, “colei che nascerà ancora” (ma la madre, attrice di Broadway di origini irlandesi, lo scelse per la sua passione per la letteratura russa). Guerriera non solo sui palchi ma anche nella vita, Anastacia ha combattuto due volte contro il cancro al seno, una nel 2003 e una nel 2013, vincendo. «Non ho avuto la possibilità di fare un tour per il mio primo album, il che rende tutto questo ancora più speciale. Non posso credere che siano passati venticinque anni da Not That Kind», dice. La vita era stata amara, con lei, già prima del cancro. Quando aveva sette anni il padre, un uomo di origini tedesche affetto da disturbo bipolare, che si esibiva nei locali di New York, lasciò la famiglia dopo aver conosciuto un’altra donna. Con la madre, la sorella e il fratello affetto da autismo Anastacia si trasferì in un piccolo appartamento a Manhattan, con una sola camera da letto. A tredici anni scoprì di essere affetta dalla malattia di Crohn, patologia cronica autoimmune che colpisce l’apparato digerente: costretta a subire un’operazione in cui i chirurghi le rimossero parte dell’intestino, lasciandole una grande cicatrice sull’addome, nei mesi successivi fu costretta a muoversi in sedia a rotelle.

IL RISCATTO

La musica rappresentò per la futura star un riscatto: «Oggi se mi guardo allo specchio vedo una sfera di fuoco. Quando nel 2003 superai la mia prima battaglia contro il cancro capii che dovevo fare la musica che amavo, senza ascoltare i pareri degli altri, puntando su quel mix di rock, soul e funk: quell’energia la sento ancora oggi».

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Il Messaggero