Alessandro Benvenuti a Tor Bella Monaca: «Siamo l’anima del teatro di periferia»

Alessandro Benvenuti a Tor Bella Monaca: «Siamo l’anima del teatro di periferia»
Definirlo in un’unica categoria è davvero impossibile. Attore, regista, sceneggiatore, scrittore, cantante e cabarettista, Alessandro Benvenuti è un uomo di spettacolo a 360...

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Definirlo in un’unica categoria è davvero impossibile. Attore, regista, sceneggiatore, scrittore, cantante e cabarettista, Alessandro Benvenuti è un uomo di spettacolo a 360 gradi che non si ferma mai. Sulla scena da più di 40 anni, ha recitato con i più grandi attori italiani - da De Sica a Verdone, da Nuti a Pieraccioni - e da un anno e mezzo ha deciso di intraprendere un’altra grande sfida, assumendo il ruolo di direttore artistico di un piccolo teatro di periferia, il teatro di Tor Bella Monaca, diventato in poco tempo un caso nazionale unico nel suo genere.










Sale piene tutti i giorni della settimana e 55 mila biglietti venduti solo negli ultimi 14 mesi. Qual è il segreto di questo successo?



«Come direttore ho adottato una linea precisa, fondata sull’affetto e sull’etica. Siamo l’anima di un quartiere difficile che ha voglia di farsi sentire: una stanza di casa dove ognuno può entrare quando vuole perché sa che verrà accolto da persone in carne e ossa. Non sono solo un nome. A Tor Bella Monaca mi conoscono tutti e questo successo per noi è una scommessa vinta in un momento in cui far decollare le attività culturali è davvero difficile».



Proprio al teatro di Tor Bella Monaca, da venerdì a domenica, va in scena il suo spettacolo “Un comico fatto di sangue”.

«È la storia di una famiglia italiana al giorno d’oggi. Quindici anni di vita insieme, due figlie, un marito e una moglie che si amano ma la cui quotidianità viene stravolta dall’arrivo di un piccolo cane che diventa la causa di una disgregazione familiare raccontata in maniera comica. Perché a volte l’inferno nasce proprio dal troppo amore».



Lei è anche in tournée con la versione italiana di “Tutto Shakespeare in 90 minuti”, rivisitazione di un grande successo inglese, dove oltre che regista è diventato suo malgrado anche protagonista...

«Purtroppo ho dovuto prendere il posto del mio grande amico Andrea Brambilla, (Zuzzurro, ndr) morto prematuramente, Andreino ci ha fatto un bello scherzetto. Ho voluto rendergli omaggio continuando idealmente a ringraziare il suo pubblico. Ma in questa scelta ha prevalso anche l’affetto per Nino Formicola e Francesco Gabrielli, ha vinto il desiderio di lavorare in allegria tutte le sere, il desiderio di fare squadra e l’affiatamento del nostro trio si percepisce, sul palco e fuori».



Ha iniziato negli anni ’70 con i Giancattivi e non ha più smesso, come si fa a rimanere sulla scena per tutta la vita?


«Bisogna correre dei rischi. Cambiare, sperimentare. Non deve essere il pubblico a dirci quello che vuole, siamo noi che dobbiamo sorprendere il pubblico ogni volta. Amo molto cambiare faccia, non mi piace rimanere ancorato a degli schemi altrimenti poi invecchi e la gente non ti perdona. Essere sempre un passettino avanti rispetto all’aspettativa del pubblico è doveroso per chi cerca di essere un’artista». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero