Google sfida Bruxelles in tribunale per multa record Android

Google sfida Bruxelles in tribunale per multa record Android
BRUXELLES - Google sfida Bruxelles davanti al Tribunale Ue presentando ricorso contro la multa record da 4,3 miliardi di euro (5 miliardi di dollari) imposta nel 2018 dalla...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

BRUXELLES - Google sfida Bruxelles davanti al Tribunale Ue presentando ricorso contro la multa record da 4,3 miliardi di euro (5 miliardi di dollari) imposta nel 2018 dalla Commissione europea con l'accusa di aver attuato pratiche monopolistiche con il suo sistema operativo Android sui dispositivi mobili.

La battaglia legale ha preso il via questa mattina in aula a Lussemburgo davanti a una giuria composta da cinque giudici e le udienze andranno avanti per tutta la settimana. Google ritiene infondate le accuse di Bruxelles di aver ostacolato la concorrenza legando i clienti ai suoi prodotti - soprattutto per le app di ricerca e le mappe - sul sistema operativo Android e sottolinea come la pratica sia invece portata avanti da Apple, che impone o dà una chiara preferenza ai propri servizi come Safari su iPhone.

Secondo la valutazione dell'Antitrust Ue, il gigante dei motori di ricerca ha invece chiuso accordi con i produttori di telefoni che utilizzano Android per eliminare i rivali. Ciò è stato fatto "in un momento critico nello sviluppo del mobile computing, quando il mercato era ancora contendibile", ha affermato Thomas Vinje, un avvocato che rappresenta l'organizzazione FairSearch, che denunciò a pratica per la prima volta nel 2015.

Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero