Riforme e lotta alla corruzione: si rafforza l’intesa tra i Papi

​CITTÀ DEL VATICANO Joseph Ratzinger è stato il secondo a varcare Porta Santa dopo Francesco. Lo ha fatto con la timidezza di un anziano che ormai necessita di un supporto, un...

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​CITTÀ DEL VATICANO Joseph Ratzinger è stato il secondo a varcare Porta Santa dopo Francesco. Lo ha fatto con la timidezza di un anziano che ormai necessita di un supporto, un bastone, un sostegno per non cadere. I tre gradini li ha saliti sorretto da don Georg che non lo ha lasciato un secondo. Non ha voluto entrare assieme al Papa regnante. Docilità e sottomissione lo hanno guidato. Bergoglio però, da dentro, lo ha aspettato per abbracciarlo nuovamente, ringraziandolo ancora. Lo ha chiamato come sempre, Santità. In altre circostanze, colloquiando con i giornalisti, lo ha definito anche «un nonno saggio al quale rivolgersi per un consiglio».


​Con il tempo i due papi hanno imparato a volersi bene e sono diventati un po' fratelli. Francesco anche poco prima, al termine della messa celebrata sulla piazza, nell'atrio della basilica, lo aveva abbracciato in un silenzio irreale.


SIMBOLI Ratzinger ha atteso il suo turno in disparte, curvo, docile. Come volesse non essere di ingombro. Poi una raffica di click da parte dei fotografi ha immortalato la scena destinata per forza di cose ad entrare nella storia della Chiesa. L'apertura della Porta Santa è per entrambi i pontefici l'avvio simbolico di una Chiesa che necessita un rinnovamento radicale, interno, sostanziale. La prima puntata, relativa al pontificato di Benedetto XVI ha ceduto il testimone a Francesco. La seconda puntata della medesima storia. Il codice per decrittare quest'ultimo decennio, iniziato con la morte di Giovanni Paolo II, è racchiuso in un appunto inedito di Bergoglio risalente al conclave del 2005, dal quale uscì eletto Benedetto XVI. Poche righe che permettono di arrivare alle radici concettuali di questo pontificato e di questo Giubileo. Straordinario nella proposta e nella forma. A riportare alla luce la breve nota è Stefania Falasca, giornalista dell'Avvenire e sua amica fidata. L’appunto è stato diffuso proprio in questi giorni.

«Questo andare dal centro, Gesù, alla periferia e viceversa, ci dà l'atteggiamento fondamentale. La misericordia. Credo che questo deve crescere nella Chiesa» scriveva Bergoglio. Il quadro storico è presto descritto. Ratzinger nel 2005 veniva eletto dopo soli quattro scrutini, e fu proprio la decisione del secondo candidato più quotato al conclave (Bergoglio) a convogliare sul porporato tedesco i voti, un po' per non spaccare il collegio cardinalizio e la Chiesa e un po' perché era stata molto apprezzata la libertà con la quale Ratzinger aveva parlato durante i novendiali a proposito del cammino di purificazione della Chiesa. Verità e misericordia dovevano andare a braccetto.

SIGILLI «Bisogna spingere la Chiesa ad uscire dalle secche per riprendere con entusiasmo il cammino missionario» ha fatto notare ai fedeli Francesco, poco prima di aprire la Porta Santa. La presenza del Papa emerito alla cerimonia ha così sigillato il pieno appoggio alla riforma in corso, e pazienza se lo sforzo di purificazione è osteggiato ancora da diversi esponenti della vecchia guardia, all'interno della Chiesa e della stessa curia romana.


Il Giubileo è destinato a traformarsi in un acceleratore naturale della dinamica virtuosa iniziata simbolicamente anni addietro. Una dinamica che ha toccato in Centrafrica, a Bangui, in uno dei luoghi più miseri del pianeta, il suo ponto più alto. Lo sguardo si proietta oltre e coincide con la potenza del Concilio Vaticano II. Ieri ricorreva il 50esimo anniversario: «Una scadenza che non può essere ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti, che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede. Il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero