Giubileo di Francesco, liturgia senza sfarzi

Giubileo di Francesco, liturgia senza sfarzi
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CITTÀ DEL VATICANO - Tradizioni, simboli e, in questo caso, anche un po' di fantasia argentina. Che il Giubileo abbia inizio. Il rito inizia nell'atrio della basilica con una introduzione da parte del Papa: «E' questa la Porta del Signore». I cantori in risposta -mentre Francesco sosta in preghiera davanti alla Porta Santa- eseguono brani in italiano, e non in latino. Una novità. «Per essa entrano i giusti». Il salmodiare renderà solenne il momento. Il rito studiato per l'occasione sarà un po' più semplificato rispetto al passato, sfrondato da alcuni passaggi pesanti, tuttavia l'asse portante della struttura liturgica resta sostanzialmente quella di Papa Alessandro VI. Si racconta che Bergoglio si sia raccomandato con i suoi cerimonieri di andare all'essenziale, di fare soprattutto emergere l'anima del momento, di dare forza alle allegorie, di consolidare i significati più profondi dei gesti. E questo per fare percepire a tutti che l'inizio del Giubileo resta l'apertura di un varco del cuore, l'avvio di una trasformazione interiore, la soglia di un cammino di crescita. Il rito dell'Anno Santo straordinario può essere considerato rigoroso nell'impostazione eppure, al tempo stesso, ricco di forza emotiva. «Apritemi le porte della giustizia». I cantori salmodieranno nuovamente: «Vi entrerà per ringraziare il Signore».


LA LITURGIA
Il Papa, a questo punto, pronuncerà l'ultima parte della formula prevista. «Per la tua grande misericordia entrerò nella tua casa, Signore». I cantori termineranno con: «Mi prostrerò verso il tuo tempio santo». Il silenzio offrirà fedeli uno spazio introspettivo. Poi Bergoglio con calma salirà i gradini e aprirà la Porta. Dall'interno due sampietrini (gli addetti alla cura della basilica ndr) provvederanno ad aiutarlo nello stesso momento in cui il Papa, appoggiando le mani sul bronzo, eserciterà una lieve pressione, fino a spalancare il portone. Finalmente l'ingresso, il varco, il passaggio. Il buio e la luce, la colpa e il perdono. Il Papa è chiamato a entrare da solo. Probabilmente si inginocchierà come fece Wojtyla durante il Giubileo del 2000, aggrappato al pastorale. Poi il cammino verso l'altare, attraversando la basilica, seguito dai concelebranti, da un gruppo di rappresentanti religiosi e da alcuni fedeli laici. Coppie di sposi, giovani, malati. Chissà se Francesco ha chiamato qualche suo amico senza fissa dimora, una di quelle persone che per vivere si appoggiano al dormitorio aperto a ridosso di Borgo Santo Spirito. «Tutti coloro che varcheranno la Porta della Misericordia, con animo pentito, rinnovato impegno e fiducia, di fare viva esperienza della tua tenerezza paterna». La misericordia è democratica, è per tutti. A simboleggiare l'universalità della Chiesa ci sono i lettori ai quali il Papa ha affidato le preghiere nelle varie lingue. Cinese, arabo, francese, swaili e malayalam.

TRAGUARDI

Bergoglio proprio oggi festeggia un altro traguardo, i mille giorni di regno. Mille, tondi tondi. Da quando è stato eletto in conclave, il 13 marzo di due anni fa, il filo della misericordia ha allacciato ogni suo passo, ogni suo discorso, ogni suo documento. Non poteva che indire un giubileo straordinario sulla misericordia. Una idea che ha preso corpo piano piano, come un progetto predestinato. In Basilica l'Italia sarà rappresentata dal presidente della Repubblica, Mattarella, in compagnia della figlia e dal premier Matteo Renzi. Pochi i leader stranieri che hanno annunciato la loro presenza: il re del Belgio Alberto e la regina Paola, con la figlia Astrid, il vice presidente del Senato della Repubblica Ceca e il suo omologo tedesco, del Bundestag.
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Il Messaggero