Clima folle in Nord America, gli animali escono dal letargo ma subito dopo tornano nelle tane per il freddo

Clima folle in Nord America, gli animali escono dal letargo ma subito dopo tornano nelle tane per il freddo
Si sono avventurati fuori, hanno lasciato le loro tane calde, pensando che quei primi tepori fossero il segno che finalmente era arrivata la primavera. ...

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Si sono avventurati fuori, hanno lasciato le loro tane calde, pensando che quei primi tepori fossero il segno che finalmente era arrivata la primavera.




Ma tanti animali nel nord America hanno avuto una brutta sorpresa: quel solicino, quel cielo limpido che per due o tre giorni hanno spinto gli alberi a fiorire, i fiori a sbocciare e i bulbi ad aprire le corolle, hanno ceduto il passo negli ultimi tre giorni a un freddo che potremmo tranquillamente definire invernale, e che promette di durare fino al giorno di Pasqua. E gli animali hanno fatto dietro front: da New York ai boschi del Minnesota, dal New Jersey ai monti del Vermont, si sta verificando una re-ibernazione. Dai ghiri alle puzzole, tutti se ne sono tornati nella tana. I rangers di Central Park, che stavano già programmando le prime gite con le scolaresche per vedere la nota salamandra rossa, tipica del parco newyorchese, hanno dovuto fermare tutto: le salamandre se ne sono tornate a letto. E con loro le api, le farfalle, le rane.



Gli esperti assicurano che non bisogna preoccuparsi; purché questo freddo anomalo non duri troppo a lungo, gli animali non dovrebbero soffrirne troppo. Ma ammettono anche che si tratta di un fenomeno estremamente raro. Ma anche le stranezze del clima sono anomali.



Nella fascia nord-est, nella seconda settimana di aprile, le temperature sono diventate primaverili. Esseri umani e animali si sono illusi che finalmente il lungo, gelido e nevosissimo inverno fosse finito. Tutto lo faceva credere, tant’è che le autorità sanitarie hanno messo il pubblico in allarme: come c’era stato il “polar vortex” e il gelo dei mesi gennaio-febbraio-marzo, ora bisognava aspettarsi il “pollen vortex” cioé un’ondata di polline a pioggia, terribile per chi soffre di allergia.



E invece, di colpo, ecco arrivare l’ennesimo “fronte freddo”. Un velenoso colpo di coda del polar vortex in versione primaverile. A New York martedì la temperatura è scesa di 15 gradi nell’arco di quattro ore: la mattina alle otto era di 16 gradi, a mezzogiorno era arrivata a un grado, e poi è continuata a scendere e nella notte è arrivata a 5 sottozero. Verso le due del mattino ha anche nevicato. Il 15 aprile! Lo stesso è avvenuto, con temperature anche più basse, in tutti gli Stati del nord-est, con il Vermont che ancora stasera scenderà a cinque gradi sottozero. Qui a New York aspettiamo ancora qualche giorno di freddo (e sempre quel vento del nord, che ti gela ancor di più) ma almeno il giorno di Pasqua dovrebbe essere quasi mite.



Come possiamo dunque biasimare le povere muffolette (più note come puzzole), o i procioni, o i ghiri e le marmotte, o gli stessi buffi chipmunk (i piccolissimi scoiattoli striati, quelli a cui si ispirano i personaggi di Walt Disney, Chip e Chop) se hanno infilato a testa di nuovo sotto le foglie? Anche i serpenti si sono rintanati nei loro rifugi. E gli orsi, che pure sono affamati dopo l’inverno spietato, hanno deciso di farsi un altro sonnellino, mentre i rangers dei parchi rivelano che molti uccelli migratori sono in forte ritardo, e negli Stati più a sud grandi stormi stanno facendo soste più lunghe, come se fossero “in attesa di sentire che il clima è davvero cambiato”.



Le uniche che sembrano trarre un grande vantaggio dalle follie di questo clima imprevedibile sono le alci. Sempre perseguitata dalle zecche, quest’anno l’alce ha avuto la soddisfazione di vedere le zecche decimate dal gelo polare. E il perdurare del freddo renderà la primavera più piacevole anche per questo imponente cervide. Fatto poco noto: spesso questi animali per sfuggire all’assalto delle zecche e delle zanzare, escono dai boschi e camminano lungo le strade, causando incidenti automobilistici. Si spera che la moria delle zecche abbia come ricaduta anche un calo nel numero degli incidenti automobilistici. Per lo meno potremo allora dire che i cambiamenti climatici qualcosa di buono l’hanno causato. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero