Vino, il museo di Torgiano nella top ten dei musei più belli al mondo

Vino, il museo di Torgiano nella top ten dei musei più belli al mondo
Riscoprire il significato simbolico che ha il vino nella nostra civiltà. Questo è uno degli obiettivi del museo del vino a Torgiano, in provincia di Perugia, che si trova in una...

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Riscoprire il significato simbolico che ha il vino nella nostra civiltà. Questo è uno degli obiettivi del museo del vino a Torgiano, in provincia di Perugia, che si trova in una nobile residenza seicentesca.








Ed è proprio il Muvit di Torgiano, della Fondazione Lungarotti, ad entrare nella classifica dei 10 migliori musei del vino più belli al mondo, secondo la rivista inglese “The drink Business”, periodico specializzato nel drink internazionali. Recensito anche dal New York Times, come migliore in Italia. Parte delle sue collezioni, 27 opere, sono ora presenti a Expo nel Padiglione del vino italiano.



Il museo è aperto tutto l’anno e si può organizzare anche una visita alle cantine Lungarotti per immergersi ancora di più nella cultura del vino: dalla raccolta delle uve, al pestaggio, all’invecchiamento nelle botti, all’imbottigliamento e fino alla degustazione.



L’idea del museo del vino nasce dall’intuizione nel 1974 dei coniugi Giorgio e Maria Grazia Lungarotti, che durante i loro viaggi hanno capito sempre di più dell’importanza del turismo del vino e accorgendosi che in Italia mancava un museo hanno deciso di fondarlo e raccogliere ogni pezzo in giro per il mondo.

Entrare nelle stanze del museo è come passare attraverso cinquemila anni di storia, ricostruiti attraverso reperti archeologici, coppe, boccali, anfore e ceramiche utilizzate nel passato.

“Il vino è filo conduttore della nostra civiltà, lo ritroviamo nella nostra religione, nella storia, nella letteratura, nell’ iconografia di tutti i grandi maestri pittorici. Con queste opere vogliamo consentire ai visitatori di conoscere cosa c’è dietro una bottiglia di vino” spiega Chiara Lungarotti, amministratore unico del gruppo Lungarotti.



Tra le opere presenti al museo ci sono coppe, vasi, contenitori per conservare il vino, ceramiche che raccontano una passione senza tempo. Come ad esempio “il Kylix”, in ceramica fine VI secolo, utilizzato nelle occasioni conviviali in epoca romana e greca, il “Busto di Bacco”, XVI secolo, che richiama al consumato moderato del vino; “Bevi se puoi”, Flamino Fontana del 1575, o ancora la “Bocca di Canale”, un condotto di epoca romana dal quale il succo dell’uva pigiata fluiva verso un recipiente sottostante.

Simbolo poi del connubio tra amore e vino un piatto istoriato del XVI secolo “Venere e Bacco”.



Il museo è suddiviso in diverse sezioni e mostra il vino come medicamento, come alimento, come elemento dionisiaco, vicino alla divinità greca del dio Dioniso, dell’estasi, protagonista di varie ceramiche conservate nelle sale espositiva.

Ci sono anche i libri conservati nella biblioteca, interamente dedicata al vino e alla vite, con volumi di agronomia, poesie, almanacchi e proverbi.


Italiani, americani, inglesi ma anche visitatori da oriente, perché sono sempre più interessati a conoscere i 5.000 anni di storia del vino. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero