Beards in kimonos, al via l'edizione 2017 del calendario più strano

Beards in kimonos, al via l'edizione 2017 del calendario più strano
Uomini villosi avvolti in delicati e coloratissimi kimono di seta. Ambientazione vintage, pochi accessori e il gioco è fatto: l'associazione (bizzarra ma vincente)...

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Uomini villosi avvolti in delicati e coloratissimi kimono di seta. Ambientazione vintage, pochi accessori e il gioco è fatto: l'associazione (bizzarra ma vincente) funziona, soprattutto per quanto riguarda i muri di casa. Sì perché il calendario «Beardsinkimonos» con gli scatti di Woland (al secolo Filippo Caroti, fotografo romano trapiantato a Londra) è stato il fenomeno del 2016 e ha tutte le carte in regola per fare il bis nel 2017. Nato come uno scherzo tra amici, il lavoro ha venduto - a sorpresa - 2500 copie: un successo che nessuno si aspettava, tantomeno i suoi creatori. «L'idea è partita da una mia amica - racconta Woland al Messaggero - che ha visto il fidanzato barbuto della sua coinquilina uscire dalla doccia con addosso solo un kimono di seta. Da lì l'illuminazione: abbiamo deciso di farne un calendario stampandone poche copie, tanto per scherzare».

 


Lo «scherzo» però è stato preso talmente tanto sul serio che le 200 copie sono andate esaurite in tre giorni: a metà gennaio gli esemplari venduti erano 2500 (chi fosse curioso può dare un'occhiata sul sito www.beardsinkimonos.com). Tanto che quest'anno l'esperimento si ripete: l'edizione 2017 è uscita ieri carica di speranze e fascino orientaleggiante. Ma chi sono i barbuti immortalati in pose seducenti nei loro setosi deshabillé? Non certo modelli, ma ragazzi scelti a caso, chi amico di amici, chi addirittura per strada: «Quest'anno però abbiamo ricevuto molte candidature spontanee - racconta Woland - visto il successo dell'anno scorso in molti si sono proposti». Un exploit che, secondo il fotografo, si spiega con il vecchio adagio degli opposti che si attraggono: «Due cose che non hanno niente a che vedere l'una con l'altra, come le barbe e i kimono, e quindi creano un prodotto totalmente assurdo». Un bel trampolino per Woland alias Filippo, che ha lasciato la sua Monteverde prima per Tallin e poi, cinque anni fa, per l'estrosa Londra. «Me ne sono andato perché in Italia perdevo metà del mio tempo a inseguire i clienti che non pagavano - ricorda - qui invece noi creativi siamo tutelati, senza contare il palcoscenico inglese e internazionale, molto più interessante di quello italiano». E soprattutto, ricco di fanatici della barba.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero