Los Angeles vieta il commercio di pellicce: duro colpo all'industria di settore

allevamento di animali da pelliccia (foto pubblicata da LAV)
Los Angeles vieta il commercio di pellicce. La decisione è stata presa dal City Council della metropoli che ha votato a favore del divieto di commercio e produzione dei...

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Los Angeles vieta il commercio di pellicce. La decisione è stata presa dal City Council della metropoli che ha votato a favore del divieto di commercio e produzione dei prodotti di pellicceria. E' la città più grande degli Stati Uniti ad adottare il provvedimento. Primato, fino a ieri, detenuto da San Francisco. La notizia della messa al bando, che partirà ufficialmente dal 1 gennaio 2020, è l'ennesimo, duro colpo per l'industria di un settore già in crisi da diversi anni.


Così, dopo West Hollywood, Berkeley City e la più recente e già citata, San Francisco, la "città degli angeli" diventa  Fur Free. La Campagna senza pellicce che ne chiede la messa al bando, è portata avanti da molte associazioni e movimenti animalisti che proseguono nell'opera di sensibilizzazione, denunciando le condizioni degli allevamenti dove sono detenuti gli animali in attesa di essere trasformati in un accessorio alla moda.
E proprio la Moda, quella dei grandi marchi internazionali, è stata tra le prime a rinuciare a pelli e pellicce di origine animale.
Marchi come Versace, Armani, Gucci, Hugo Boss ed altri, hanno deciso di non utilizzare più pellicce nè inserti animali per i loro capi.
Una scelta, questa, accolta con favore dal mercato e dalla stragrande maggioranza di un'opinione pubblica sempre più attenta al benessere animale. Come dimostrato anche dalla recente London Fashion Week, la Settimana della Moda londinese che ha presentato una collezione primavera estate 2019 assolutamente fur free.
"Si tratta di una vittoria storica per gli animali sfruttati nell'industria della pellicceria, ha commentato la LAV (Lega Anti Vivisezione) in un comunicato, frutto anche degli importanti e strategici risultati raggiunti in sinergia con i partner del network internazionale Fur Free Alliance".





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Il Messaggero