Fenomeno Pinsa, la risposta romana alla pizza napoletana ha tradizioni antichissime

La pinsa romana
Fenomeno Pinsa. Che non è un nuovo attrezzo per il bricolage ne' un ballo estivo simil Pizzica, bensì la risposta romana alla pizza napoletana. Una sorta di...

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Fenomeno Pinsa. Che non è un nuovo attrezzo per il bricolage ne' un ballo estivo simil Pizzica, bensì la risposta romana alla pizza napoletana. Una sorta di rivalità nel piatto, con una sana (e soprattutto buona) concorrenza che va a beneficio di chi ama mangiare semplice ma con gusto pieno. Rispettando l'antichissima tradizione capitolina che è stata riscoperta negli ultimi tempi diventando una moda diffusa in tutti i quartieri, dal centro alla periferia, in uno e più bocconi. Vale a dire una vera e propria tendenza food made in Rome che va a colmare il vuoto lasciato dalla recente classifica delle migliori pizzerie italiane in cui non compare la Capitale. E in cui sul podio salgono Napoli e la Campania che stanno "invadendo" la Città Eterna, per la gioia dei palati trans regionali.

 
Basta pensare all'apertura qualche settimana fa del locale di Salvatore Di Matteo in via Vittoria Colonna a Prati e dell'imminente arrivo di Gino Sorbillo probabilmente a piazza Augusto Imperatore. Ecco allora la rivincita della pinsa, che piace, tanto e a tutti.

La sua origine si fa risalire a una ricetta dell'antica Roma, il nome viene dal latino “Pinsere” che significa allungare, stendere. La forma, infatti, è oblunga, ovale o rettangolare, e ricorda l'uso che ne facevano gli avi di Giulio Cesare e dintorni che la utilizzavano a mo' di vassoio usavano per servire carni in umido e altri cibi
conditi con erbe aromatiche. Se ne trova menzione anche nell’Eneide in cui viene citata come primo piatto mangiato da Enea una volta sbarcato sul litorale.

Per la diversa idratazione dell’impasto (con meno carboidrati e grassi e in cui l'acqua utilizzata è sempre fredda) è più digeribile della sua cugina famosa. Gli ingredienti base sono frumento, soia, riso e pasta madre. Per quanto riguarda il contenuto in superficie, non c'è che l'imbarazzo della scelta con i maestri pinsaioli che si lanciano in condimenti e abbinamenti di ogni genere. 


Per saperne di più esistono gruppi e associazioni di categoria (https://www.facebook.com/originalepinsaromana/)  e community Facebook di appassionati (https://www.facebook.com/pinsaromana/) che puntano a tutelare e valorizzare questo tesoro del gusto capitolino attraverso consigli, dritte e tante foto da leccarsi i baffi.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero