Caldo record in Medio Oriente: raggiunti 54 gradi in Kuwait, solo nella Death Valley nel 1913 si sfiorarono i 57

Caldo record in Kuwait
Che il Medio Oriente sia una “zona calda” non è un mistero. Un appellativo riferito a guerre e disordini che ora può essere usato anche in senso...

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Che il Medio Oriente sia una “zona calda” non è un mistero. Un appellativo riferito a guerre e disordini che ora può essere usato anche in senso effettivamente e propriamente climatico. Perché proprio in questa fetta di mondo qualche giorno fa è stato registrato il picco di caldo record degli ultimi 100 anni sulla terra: 54 gradi centigradi (129.2° F) in Kuwait, a Mitribah e a Basra, seguita da Delhoran in Iran dove si sono toccati i 53.9 gradi.

Il primato assoluto dell’ondata di calore estremo a livello planetario l’aveva conquistato la Death Valley, fra la California e il Nevada, con quel nome che parla da solo ovvero “Valle della morte”. Esattamente  nel Furnace Creek Ranch il 10 luglio del 1913, in una giornata a dir poco infernale quando si toccarono addirittura i 56.7 gradi corrispondenti. Una bollente medaglia consegnata da molti esperti di meteorologia.
 
L’area mediorientale attualmente interessata dal fenomeno presenta anche picchi assai elevati di umidità. Per fare un esempio nella città iraniana di  Bandar Mahshahr a una temperatura di soli  41 gradi centigradi  se ne percepivano ben 60. Mentre in Kuwait, a Basra con oltre 50 gradi e un basso grado di umidità accadeva il contrario e la percezione era di sentire addosso due tre gradi in meno. 
Già qualche mese fa uno studio aveva avvertito del possibile, anzi probabile netto aumento delle temperature in Medio Oriente e in Nord Africa. Talmente corposo da provocare in un futuro non lontanissimo un esodo forzato della popolazioni da alcune aree che diventeranno invivibili. Un vero e proprio allarme sui profughi climatici da parte dei ricercatori dell'Istituto Max-Planck che avevano affermato: «Il cambiamento climatico peggiorerà in modo significativo le condizioni di vita. Ondate di calore prolungate e tempeste di sabbia del deserto possono rendere alcune regioni inabitabili, cosa che ovviamente contribuirà alla pressione migratoria».

Gli studiosi hanno previsto una situazione a dir poco “incandescente” calcolando che entro la metà del secolo, in estate il termometro non scenderebbe mai sotto i 30 gradi di notte, raggiungendo anche i 46 gradi di giorno. E nelle giornate più calde potrebbe superare i 50 gradi, cosa che è avvenuta.
Altra minaccia le ondate di calore che in queste stesse zone saranno oltre che più intense anche più lunghe. Nel 2050, secondo i calcoli dei ricercatori, se ne conteranno 80 ogni anno.

Nel 2100 il caldo anomalo potrebbe farsi sentire per 118 giorni, quasi quattro mesi all'anno. L’inverno può, anzi deve attendere. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero