Ha circa un milione di follower su Instagram che la seguono. Sotto i suoi scatti migliaia e migliaia di like. Ha una bellezza mozzafiato. La sua identità,...
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«Come mi chiamo? Da dove vengo? Non ho intenzione di rispondere a queste domande, preferisco rimanere nell’anonimato, quello che posso dire è che vengo da un paese dove c’è molta neve ed è da lì che ho iniziato a scattare fotografie», spiega la donna del mistero. Sono davvero tante le persone che hanno perso la testa per lei, e la caccia a reperire informazioni sul suo conto è sempre aperta. «Credo di essere un po’ tutto - spiega ancora - una combinazione di tutte le mie passioni: yoga, fotografia, arte e letteratura». Perché il nudo? «Perché credo che, in questo modo, riesco a dare più forza al messaggio che voglio trasmettere: siamo tutti unici e belli, eppure la società ci spinge così tanto che, troppo spesso, siamo costretti a recitare un ruolo che non rispecchia la nostra vera identità». La donna che si nasconde dietro la “Nude Yoga Girl” assicura che anche le apparenze possano ingannare: «Io stessa mi sono sentita molto insicura riguardo al mio corpo nel passato, lo yoga mi ha insegnato ad amarlo». Non solo follower, a voler rintracciare la sua identità sono davvero in tanti. Anche quotidiani e tv da ogni parte del mondo. Il quotidiano spagnolo “El Mundo” è solo l’ultimo in ordine di tempo ad aver raccontato la sua storia.
A sostenerla in questa sua “missione” c’è il suo ragazzo. «Mi aiuta, abbiamo già fatto così tanti scatti insieme che sappiamo perfettamente come scegliere le pose e gli angoli, come usare le ombre per nascondere le mie zone intime, a volte è complicato ma anche questa è una sfida». E aggiunge: «Dove mi piacerebbe essere fotografata? In così tanti posti! Ma, forse, i primi che mi vengono in mente sono l’Islanda e la Nuova Zelanda, ma voglio anche fare qualcosa di più nel mio paese durante l’inverno, anche se devo tener conto della temperatura. La prima foto “artica” che ho scattato era a meno 10 gradi, ma può essere molto più fredda». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero