Covid, ipotesi test salivari nelle scuole. Ma il virologo Clementi: «Meglio i tamponi classici»

Il governo valuta l'ipotesi di introdurre i test salivari nelle scuole. Il segretario della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, chiede al ministero della Salute che il modello...

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Il governo valuta l'ipotesi di introdurre i test salivari nelle scuole. Il segretario della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, chiede al ministero della Salute che il modello Lazio e Bolzano sui test salivari nelle scuole sia applicato in tutte le Regioni in modo uniforme. Dopo l'annuncio del ritorno in classe degli studenti dal 26 aprile sia per le zone gialle che per quelle arancioni, infatti, quello che preoccupa è il monitoraggio dei contagi da Covid «a macchia di leopardo» tra territori.«Serve una presa di posizione di Regioni, Anci, Upi e Governo per garantire maggiore uniformità», ha concluso il segretario.

A farle eco è il presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, che si è pronunciato sull'introduzione di test salivari nelle scuole per garantire un ritorno a seguire le lezioni in presenza sicuro. «L'attività di testing è utile e il tampone salivare non prevede operatori sanitari per effettuarlo» basterebbe infatti un auto-prelevamento del campione da parte dei ragazzi potento così svolgere controlli in modo più massivo. Rispetto a questa ipotesi, ha puntualizzato Fedriga alle Regioni «non sono ancora arrivati i documenti ufficiali del Cts», «ma può essere un'ipotesi maggiormente percorribile rispetto ad altre», come tamponi regolari a tutto il personale e agli studenti. «Questa è una soluzione innovativa che vedo con favore, poi dovremmo fare tutti gli approfondimenti del caso», ha osservato.

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C'è tuttavia chi sulla questione rimane scettico. Come il virologo Massimo Clementi d'accordo con le riaperture perché necessarie anche per salvaguardare la salute psicologica dei giovani, ma contrario ai test salivari.«A mia informazione, il test antigenico salivare non ha ancora dato grandi evidenze di sensibilità - dice il direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell'ospedale San Raffaele di Milano e docente all'università Vita-Salute - Quindi io, al momento, farei quel che si è sempre fatto in passato: monitorare se ci sono casi usando i test molecolari», i tamponi classici, «quando servono, con interventi mirati e non così a tappeto. E tracciare i contagi, identificare gli infetti, isolare e mettere in quarantena quando serve. Poi c'è il grosso nodo dei trasporti e, sinceramente, non so se su questo si sia fatto qualcosa», ha detto.

 

 

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Il Messaggero