Scuola, voti sotto il 4. Stefania Auci: «La severità può essere utile. Una tirata d’orecchi ti dice che va raddrizzato il timone»

L'insegnante e scrittrice: per i bambini più piccoli non darei giudizi troppo duri, con i grandi è diverso

Scuola, voti sotto il 4. Stefania Auci: «La severità può essere utile. Una tirata d’orecchi ti dice che va raddrizzato il timone»
Stefania Auci, docente di sostegno e scrittrice di successo con la saga dei Florio, è d'accordo con l'abolizione dei voti sotto al 4? ...

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Stefania Auci, docente di sostegno e scrittrice di successo con la saga dei Florio, è d'accordo con l'abolizione dei voti sotto al 4?


«No, dobbiamo capire che il voto dell'insegnante non ha un intento punitivo né rappresenta la valutazione della persona. È una chiamata alla responsabilità dell'alunno. Quindi procederei innanzitutto a fare delle differenze di età».

Per i più piccoli non è la stessa cosa?
«Ai bambini non darei voti troppo severi. Mia madre, da insegnante, dava delle valutazioni sulle singole materie e poi esprimeva piccoli giudizi sintetici sui punti di forza e sulle debolezza del bambino».

 

 

Per gli studenti più grandi?
«Per i grandi un voto basso può essere utile, è una tirata di orecchie che ti fa capire che devi raddrizzare il timone. E lo fa capire anche all'insegnante che ad esempio decide di tornare su un argomento se la classe ha preso molte insufficienze. Tagliare i voti bassi non permette di capire fino in fondo dove sono i problemi».

Per poi affrontarli?
«Certo, un voto basso ci fa capire che dobbiamo recuperare e qual è il nostro reale orientamento. Oggi è difficile scegliere la scuola superiore perché gli open day sono spesso delle mostre mercato. Bisognerebbe cogliere i suggerimenti dei docenti per capire dove iscriversi».

Parlava di responsabilità?
«Se un ragazzo non si presenta all'orale una, due volte, deve sapere che ci sarà una conseguenza: il docente deve mettergli l'insufficienza grave. Il voto basso è uno strumento per aiutare il ragazzo a capire cosa può e cosa non può fare. Così i nostri figli crescono, rapportandosi con il giusto approccio allo studio».

È anche un modo per diventare grandi?
«Ho in mente il libro I no che aiutano a crescere. Ecco, un brutto voto è un no: un modo per capire che l'insegnante, per quanto generoso e comprensivo, deve valutarti. Anche una forma di rispetto verso gli altri».

Così si confronta con gli altri?
«Troveremo sempre le graduatorie e qualcuno più bravo davanti a noi. È la vita. Che dobbiamo fare? Abolire i concorsi pubblici? I punteggi ci sono sempre nella vita. Abolire la valutazione significa sminuire le capacità degli alunni e non è giusto».

In Italia abbiamo un problema con la valutazione?
«Sì, c'è la mania dell'eccellenza a tutti i costi. Ma la personalità viene valorizzata in tanti modi, un voto non buono non deve essere un'eccellenza mancata ma un'occasione di miglioramento, di crescita. Il professore ti fa vedere gli errori, li corregge e si assicura che hai capito: così dovrebbe funzionare. Senza sconti ma assicurandosi che l'apprendimento sia avvenuto».

È d'accordo con il ritorno alla vecchia maturità?


«Sì, attendiamo che arrivino quanto prima le linee guida per la prova orale. Sugli scritti sono favorevole: si terrà conto della didattica mancata in questi anni perché i ragazzi, soprattutto nell'espressione sia scritta sia orale, hanno forti difficoltà». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero