Samantha Cristoforetti in versione Barbie astronauta per ispirare le bambine a realizzare ogni sogno

di Paolo Ricci Bitti Sognava di comandare astronavi come nella saga Star Trek e ci è riuscita, ma certo Samantha...

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di Paolo Ricci Bitti

Sognava di comandare astronavi come nella saga Star Trek e ci è riuscita, ma certo Samantha Cristoforetti non avrebbe mai immaginato che tra gli effetti collaterali della sua straordinaria, anzi unica carriera ci sarebbe stato anche quello di trasformarsi in una Barbie, naturalmente Barbie astronauta, ennesima versione della bambola della Mattel che compie 60 anni e che nel mondo viene venduta al ritmo di 3 al secondo e con una produzione che da tempo ha superato quota un miliardo, ovvero la bambola di sicuro più diffusa almeno nel sistema solare.

Ma naturalmente la prima italiana nello spazio, ora disponibile con tuta celeste da tutti i giorni e con più impegnativa tuta spaziale all white, sempre con il classico taglio di capelli corto da assenza di peso nella stazione orbitante, non ha ceduto al lato commerciale dell'operazione, quanto piuttosto a quello dell'ispirazione delle nuove generazioni. Giocare ispirandosi all'avventura di diventare astronauti.

Nel video, girato con l'indispensabile sostegno dell'Agenzia spaziale europea di cui farte, la Cristoforetti accoglie nella sede dell'Esa di Colonia la bambina Sofia che forse sogna anch'ella di volare fra le stelle. E la trentina, madre di una bimba di due anni chiamata Kelsi Amel (Coraggiosa Speranza), la invita a mettere il massimo impegno in quello che farà, a non dare limiti alla curiosità e a confidare nei propri mezzi: "Così, con un pizzico di fortuna che pure serve sempre, non ti sarà escluso ogni traguardo". Nello spazio o altrove.

L'astronauta italiana è considerata, a piena ragione, modello per le ragazze che dovrebbero abbracciare in numero maggiore gli studi Stem (scienze, tecnologie, ingegneria e matematica) sia per la loro soddisfazione sia per rispondere alle crescenti richieste del mercato e della ricerca. E anche per smentire ogni volta chi sostiene, brandeggiando clave, che questi studi sono più adatti agli uomini.

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Il Messaggero