L'effetto “Zoom” sul cervello: l'attenzione costante in videochat affatica la psiche

Riunioni online, videocall con più persone da mattina a sera, l'inquadratura giusta per non riprendere parti della propria casa, la comunicazione che si perde...

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Riunioni online, videocall con più persone da mattina a sera, l'inquadratura giusta per non riprendere parti della propria casa, la comunicazione che si perde nell'affollamento della rete. Chi si è riconosciuto in questa descrizione, è con ogni probabilità, un utente di Zoom, la nuova applicazione che in questo lungo periodo di quarantena ha vissuto un vero e proprio boom.


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Costretti allo smart working, gli effetti di Zoom hanno già iniziato a farsi sentire, secondo un articolo di National Geographic. Effetti, in molti casi, negativi proprio sulla psiche, già fortemente provata da una condizione obbligata, tanto che si è coniato un termine per descrivere questo stato "zoom fatigue", ovvero affaticamento da Zoom. 

Secondo l'articolo, l'esplosione di applicazioni come Google Hangouts, Skype, FaceTime e Zoom in risposta al lockdown ha lanciato un esperimento sociale non ufficiale, mostrando quanto le interazioni virtuali possano essere difficili da elaborare per il cervello. «Ci sono molte ricerche che dimostrano che in realtà lottiamo davvero con questo», ha affermato Andrew Franklin, docente di cyberpsicologia alla Norfolk State University della Virginia. Come viene sottolineato infatti, durante le conversazioni dal vivo, quando le persone sono fisicamente vicine, il cervello si concentra sulle parole pronunciate, ma anche da una serie di segnali non verbali: il respiro, la lontananza, la gestualità e persino i silenzi.
 
Tutto questo non può essere catturato con app come Zoom o simili, questione che affatica non poco il nostro cervello, costretto a focalizzarsi costantemente sulle parole, con un video non di rado di scadente qualità. «E per qualcuno veramente dipendente da questi segnali non verbali, può essere un grosso problema non averli. Siamo impegnati in numerose attività, ma non ci dedichiamo mai completamente a concentrarci su qualcosa in particolare», aggiunge il professor Franklin.


Questa continua attenzione parziale ha come effetto sul cervello, si legge nell'articolo del National Geographic, quello che si proverebbe a "cucinare e leggere allo stesso tempo". Il cervello viene sopraffatto da stimoli in eccesso non familiari mentre è iper-focalizzato sulla ricerca di segnali non verbali che non riesce a trovare. «Ecco perché una telefonata tradizionale potrebbe essere meno faticosa per il cervello», dice Franklin, «perché mantiene una piccola promessa: trasmettere solo una voce».
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Il Messaggero